domenica 25 dicembre 2011

Scognomando - Il presepe nel pallone di Peppe Giannotti



© foto di Alberto Fornasari
Come ogni anno la Redazione di TN col sottoscritto narra la storia “sui generis” del Natale CREATA coi COGNOMI più strani del mondo del pallone…..buon SORRISO e auguri per un 2012 pieno di…..GOL!
Scesi dal mio PALACIO, tomo TOMOVIC e lasciai l’ESCOBAR degli amici in via CARACCIOLO e tutto PETTINARI con la IBARBO incolta, con la GIACCHERINI e col GILLET e un SAMPAIO di scarpe nuove di zecca mi avviai verso LE GROTTAGLIE del Presepe. La strada era lunga MALONGA assai. Tutto a un PRATTO mi accorsi che faceva un FREY incredibile, speravo di LARRIVEY in tempo per la nascita, la stella cometa mi avrebbe GUIDOLIN verso la meta.
Su di me FLOCCARI di neve rendevano l’atmosfera più ALLEGRI. Giunsi a un BRIVIO, mi ferma un PASTORE un certo PASQUAL che mi chiede ANDUJAR? Arrivai alla Grotta c’era una fila immensa, tutti HANDANOVIC a salutare il Bambino,  io per fortuna ero solo SESTU. Venivano da ogni dove: PISANO, POTENZA, SCIACCA, CASERTA, LODI.
Ecco la massaia che versava ACQUAFRESCA nella BACINOVIC, c’era il FABBRINI che alimentava il fuoco con le PINZI, DA LIMA e i FERRONETTI. C’era il banco del fruttivendolo con PEREZ e LAMELA e altri frutti ACERBI, sentivo il profumo delle CASTAIGNOS e GRANOCHE, che buon odore di PEPE e PINILLA si sentiva nell’aria. Ecco il macellaio che vendeva SPOLLI, mi venne una LANZAFAME tremenda, avrei davvero MANGIAto di tutto. Sentivo le urla di alcuni AGAZZI che inTONIavano i canti DI NATALE, in attesa della MEXES di mezzanotte. Di RADU vedi cose così belle, lungo il percorso un sacco di animali: GATTUSO, VITIELLO, AQUILANI,LLAMA, CANINI, MOSCARDELLI, CORVIA, FARAONI, RANOCCHIA,LUPATELLI, GUANA, GAMBERINI, QUAGLIARELLA, da lontano già scorgevo i RE MOGGI (BABACAR, EL KABIR, HETEMAY), coi loro DIAMANTI e RUBINHO.
Ecco le immancabili pecorelle al PALOSCHI, sorvegliate dal cane da guardia FIDELEFF. Il quale era a CUCKA ma mi abbaiò amichevolmente, e c’erano altri UIKANI che cantavano alla luna. Proseguii e scorsi Donna AMELIA con gli STRASSER, e donna BONERA col MASCARA al punto giusto. Ma ora sentivo dei GEMITI, forse è nato, ma si, JEDA festeggiare, il bimbo è nato. Ora è davvero Natale, TOTTI erano felici, una COLOMBA volò nel cielo, la stella ANTUNES brillava ancor di più, tutti si scambiavano carezze e BACINOVIC, tutti a fare festa MICCOLI e grandi, vecchi e GIOVINCO, si BRINDAO con vino rosso, si beveva a PALETTA. Ma sul più BELLO, ecco all’improvviso CALAIO’ la notte, osservai l’orologio a …STORARI non sono abituato, rimisi il Rolex in tasca(!), finora me l’avevo CAVANI.
Intanto sul CASTELLAZZI, LARRONDO tutta ARMERO sorvegliava sulla Grotta con altri CENTURIONI. Rifeci gli SCALONI, mi STANKOVIC un po’, ma io BYABYANI mi allontanai, feci PJANIC per non svegliare il bimbo, avevo la PELLE’ d’oca, porco BOJAN che emozione, mi rimisi in MORIMOTO e tornai verso casa. BASTA, è stata una vera giornata natalizia.
PISANO, POTENZA,SCIACCA,CASERTA,LODI
Alcuni DONI …NON furono accettati, chissà perché! Ma io non feci PAROLO con nessuno, non si sa HETEMAY, storie brutte del pallone stonano in questi giorni di festa. C’è NESTA da raccontare ancora tanto, ma la VENTURA  si KLOSE qui.
CHIVU..ol essere lieto sia…..auguri amici del Portale!

sabato 24 dicembre 2011

Ci stavano una tedesca, un'inglese e una spagnola di Bruno Marra


NAPOLI, CHE CHAMPIONS!

La Champions dipinta di Azzurro

Ci stavano una tedesca, un’inglese e una spagnola. Non è una barzelletta eppure ci siamo divertiti da matti. Dal 14 settembre al 7 dicembre, tre mesi di emozioni struggenti vissute in apnea. La prima volta del nuovo Napoli nell’Europa dei Campioni, splendida da raccontare, impossibile da dimenticare, ancora viva e intensa da sognare.
Il 25 agosto le palline della fortuna girano nel lusso di Montecarlo. Ma non ci va di lusso. Il Napoli entra nel gruppo A con Bayern Monaco, Manchester City e Villarreal. L’impatto è da paura. Lo chiameranno il Girone della morte. Il tam tam sembra un rito funebre. Oggi sto tanto allero che quasi quasi me mettesse a chiagnere… Molti pensano che San Gennaro abbia prolungato le ferie. Ma mai maledire le difficoltà, perché sono proprio quelle che ti conducono verso la Felicità.
Napoli sbianca ma poi gonfia il petto, memore di millenni di orgoglio mai sopito. Noi siamo il Regno dei Borboni, quello della nobiltà partenopea. E se i piemontesi non avessero trasformato Francesco II in “Franceschiello” col vil denaro della corruzione, oggi sarebbe tutta ‘nata storia. Ma conosciamo bene le rivoluzioni, ci siamo tolti di dosso barbarie e dominazioni. Abbiamo fatto le quattro giornate. Adesso datecene altre sei, che la leggenda ce la scriviamo ancora noi…
Il 14 settembre è la data con la X su tutti i calendari azzurri. Debuttiamo a casa degli inglesi, al City of Manchester, lo stadio dell’Etihad la flotta aerea dell’Impero di Mansour. I bookmaker non ci danno neppure un euro in mano. Napoli è frastornata, ebbra di attesa ma anche pregna di ansia. La città è deserta poco dopo le 8 di sera. Nell’aria c’è il silenzio spezzato solo dall’eco delle televisioni. Lavezzi fa assaggiare la polvere, li salta tutti e chiude all’incrocio: traversa! La solita sfortuna! Ma no! Ridiamo amici miei che il meglio deve ancora venire. Maggio parte da casa sua, spezza le lancette dei Citizen e arriva fino al cuore della City, tocco per Cavani che battezza la sua prima giovinezza in Champions nell’urlo dei napoletani. Il boato della terra arriva fino a Buckingham Palace e scuote le campane di Westminster. God save the Warriors! Manchesteroi. I Guerrieri siamo noi!
Il City pareggia nel finale ma vibra e rischia di spezzarsi come una corda di violino. Lì il Napoli capisce tutto. Il ballo della debuttante diventa un Tango strascinante. Se questo è il tavolo delle grandi, fateci spazio che ci mettiamo l’abito elegante…
 
Il 27 settembre c’è il debutto del San Paolo sotto le stelle dei campioni: Napoli-Villarreal. E non basta HD, 3D e tutte le dimensioni del mondo per capire che cos’è l'alchimia di Fuorigrotta. Per la prima volta uno stadio s’inventa l’accompagnamento alla musichetta Champions ed il finale da brividi diventa: “Decempions!” cantata da 60mila fratelli. Gargano e Lavezzi si guardano in faccia e sorridono di ardore: grazie per questa maglia, per questa gente, per questo amore.
Li asfaltiamo in 20 minuti. Hamsik segna di biliardo e per la prima volta trascura il ciuffo e mette le mani alle orecchie. Il tuo urlo è il nostro urlo Marek! Palla al centro e Lavezzi fa i buchi a terra. Rigore! Il Matador infila gli spagnoli nell’Arena. Torero, torero, olè!
E’ la prima vittoria del Napoli nella storia della Champions League. E adesso arriva l’Armata teutonica. Il 18 ottobre: il San Paolo mormorò, non passa lo straniero. Segnano prima loro, subito. Ma chi ha paura di morire, muore due volte. Il Napoli sbatte in faccia al Bayern la sua irriverenza. Maggio attraversa l’orizzonte, il Top Gun azzurro sale in volo planare, attraversa il muro del suono e va a fare l’inchino sotto la Curva in delirio. Uno a uno. I tedeschi non muoiono mai? E neppure i Pirati! In apertura di secondo tempo Gomez va a tirare un rigore costruito sull’ipotenusa dall’arbitro portoghese Benquerenca. Morgan chiude l’angolo di 90 gradi, aggancia il pallone con l’uncino ed esulta col pugno al cielo. Napoli-Bayern 1-1, gol di Maggio e De Sanctis!
Napoli imbattuto dopo 3 giornate. La città è in fermento. Ma ora si va in terra di Germania, jawhol! E’ il 2 novembre, il giorno successivo a Tutti i Santi. Quelli che vengono giù dal calendario dopo 40 minuti: il Bayern è avanti 3-0. Farà pure freddo, ma il cappotto lo andate a fare a qualcun altro. Perché questa è la notte di Federico Fernandez, un obelisco di 22 anni che fa tremare i polsi ai tedeschi e mette i termosifoni nella curva napoletana. Il Flaco diventa Falco e vola nel cielo della Baviera per ben due volte: 3-2! Nessuno aveva ancora segnato due gol in una sola partita all’Allianz quest’anno. Teutonici loro, leoni noi!
Perdiamo, ma aver spaventato il Bayern ci dà una certezza inossidabile. Intanto il Manchester vince al 93esimo col Villarreal con l’ultimo gol di Tevez, il dissidente. E apre le porte alla Grande Sfida. Napoli-City: uno è di troppo. Il San Paolo è la Collina degli Stivali. Si gioca il 22 novembre. La fantasia disegna il match come la disputa tra Davide e Golia. I Guerrieri contro i Miliardari. La fionda ce l’abbiamo noi e scagliamo la prima pietra con uno splendido colpo di nuca di Cavani. Pareggia Balotelli e fa il grugno duro, a distanza di sicurezza di chi non può appenderlo al muro. Il tempo è galantuomo. Cambiamo campo ed arriva il Cavani bis, tiro al volo che sfonda il sismografo di Fuorigrotta. Napoli è l’epicentro della Gioia. Finisce così. L’urlo di Fuorigrotta esplode come un orgasmo. Sex and the City. Salam Aleik! Gli Emirati sono qua, fate onore a Pasqualino Maragià. Orgoglio, virtù e genialità fanno veramente l’uomo ricco. Il cielo d’Europa illumina il sorriso di Totò Sceicco!
Ne manca una sola per il Trionfo. Ed è la Corrida. Napoli si sveglia con un solo pensiero: vamos a ganar nell’Arena del Madrigal. E così va. La data è già mito: 7 dicembre 2011. La città trattiene il fiato. Dopo un’oretta di passione Mazzarri dice a Nilmar: fatti più in là. Ed è la scossa. Gokhan esprime il primo desiderio con un gol che vale il ruggito del Re della Foresta. E poi Marek la chiude così come l'aveva aperta da Fuorigrotta a Vila Real. E' azzurra la movida, nel balsamo della torcida. Apriteci le porte della Gloria. E’ la notte delle stelle, è la notte della Storia.
Avanti Napoli! Ci rivedremo con il Chelsea il 21 febbraio. Una settimana dopo San Valentino il San Paolo sarà ancora la culla della Passione, Fuorigrotta in un solo Osanna, il battito di sessantamila cuori e una Capanna.
Perché questa è la nostra favola, fratelli di arte e rivoluzione. Ed in questi giorni che spalancano la porta dell’amore, stringiamoci forte come solo noi sappiamo fare. In un abbraccio o in una lacrima, in una preghiera o in un sussurro. Siate felici, il nostro cielo sarà sempre azzurro…
FONTE: BRUNO MARRA PER SSCNAPOLI.IT

lunedì 19 dicembre 2011

San Paolo Chiuso per Sfiga (Benedizione in corso....)


Dopo quello che è successo ieri ....e dopo i commenti di Mazzarri... inutili sono i tentativi dei tifosi di acquistare i biglietti per Napoli-Genoa.... almeno fino a quando non verrà effettuata la necessaria ed opportuna BENEDIZIONE  !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Dopo il "trattamento" da parte dell' Arcivescovo di Napoli , verrà ripresa le vendita dei biglietti che comprenderà un gentile omaggio da parte della SSC Napoli ai tifosi Napoletani...


giovedì 15 dicembre 2011

Il cavallo di ritorno....... di Gianni Puca


Clamoroso epilogo della vicenda relativa alla cessione di Quagliarella dal Napoli alla Juventus. La società piemontese, negli ultimi due anni, ha preso in prestito ben trentasei calciatori, per riscattare i quali si è ritrovata con un buco nel bilancio superiore al debito pubblico del Burundi. All’ultimo consiglio di amministrazione, pertanto, è stato deliberato non solo di cedere Marchionne alla Skoda e di mettere in cassa integrazione Marotta e Paratici, ma di rinunciare, seppur a malincuore, al riscatto di alcuni dei fiori all’occhiello dell’ultima campagna acquisti.

In verità, Agnelli, fino all’ultimo, aveva cercato di convincere De Laurentiis ad accettare, al posto delle ultime rate relative all’acquisto di Quagliarella, un carico di Fiat Dune a chilometri zero. Al secco rifiuto di De Laurentiis, il presidente juventino ha rilanciato offrendo Toni e Iaquinta, sortendo però una reazione ancora peggiore. Il presidente partenopeo, infatti, ha risposto all’omologo juventino che, grazie a Dio, l’emergenza rifiuti, a Napoli, da qualche mese è stata risolta, e che quindi non aveva bisogno di altri due bidoni. Da Torino, tuttavia, è giunta la clamorosa notizia che la Juve, considerate le difficoltà economiche, si trovava dinanzi al quasi amletico dilemma di scegliere tra il riscatto di Quagliarella e il lancio sul mercato della nuova Ritmo. Di ieri è il fax pervenuto al Napoli in cui Agnelli invitava la società partenopea a formulare un’offerta per riprendersi il bomber di Castellammare.
Considerati gli impegni di Bigon per la campagna acquisti di gennaio, essendo De Laurentiis occupato con la promozione del nuovo cine-panettone, e essendo indisponibile anche Chiavelli, causa il battesimo di un nipote, è stato il magazziniere del Napoli ad intavolare la trattativa con la società torinese. L’accordo è stato trovato in pochi minuti. La Juve ha restituito Quagliarella al Napoli, che ha trattenuto le rate già pagate, che corrispondevano quasi all’intero importo concordato. Non sono state comunicate le cifre ufficiali, ma pare che Quagliarella sia costato all’incirca quanto una Fiat Panda. Il calciatore, dopo aver constatato che Conte gli preferisce addirittura Extigarribia, ma soprattutto dopo l’accoglienza calorosa ricevuta poche settimane fa al suo ritorno al San Paolo, si è detto felice di tornare a casa e che il Napoli è uno step più avanti.
L'accordo ha soddisfatto tutte le parti in causa. Il Napoli ha trovato il vice Cavani a costo zero e potrà quindi investire i proventi della qualificazione Champions per l'acquisto di un grande centrocampista e di un difensore di levatura internazionale. La Juve non ha dovuto più cedere Marchionne alla Skoda e Quagliarella si è detto entusiasta della riuscita dell'affare, salutato da qualche sapientone come "il cavallo di ritorno". Il bomber stabiese, tra l’altro, ha ammesso di essersi pentito da subito di essere andato via dalla sua città, e ha confessato che lui non sapeva che a Juventus non ci fosse il mare.

domenica 11 dicembre 2011

La "Bolletta" di San Gennaro (ovvero “In the soul of your dead relatives”!) di Gianni Puca




“Gennà, ma tu giochi la bolletta da tifoso; è per questo che non vincerai mai una lira”, osserva Ciro, scrutando i pronostici del collega. “E poi il Padreterno ci ha detto mille volte che a noi sono severamente vietate le scommesse”, incalza Ambrogio. “Mamma d’’o Carmene, ma chisto so’ proprio doje ciucciuvettole. Fatevi i fatti vostri, e vi raccomando, non dite niente a Giuda”. “Ma addirittura il risultato esatto”, commenta Ciro. E poi, secondo te, l’Inter perde in casa con il CSKA?”, insiste Ambrogio. “Uè, sentite, se non tenete niente da fare, andatelo a fare da qualche altra parte”, li congeda Gennaro con  tono irritato. “Ambrò, e poi ti avevo chiesto la cortesia, quando gioca il Napoli, tu e Siro non vi dovete proprio far vedere; io non ci dovrei credere a certe cose, ma voi purtate proprio seccia”!
Intanto a Manchester, lo sceicco Mansur, dopo una notte d’amore con dodici amanti, si sveglia tutto allegro e canta: “We all live in a yellow submarine, yellow submarine, yellow submarine”. Tiene la faccia del gatto che ha già mangiato il topo. La sera prima della partita è stato a cena con un tedesco, un norvegese e uno spagnolo, che gli avevano assicurato che i suoi forti investimenti non sarebbero stati vani. Ci era rimasto male solo per il fatto che, mentre il tedesco e il norvegese si erano fidati della sua parola, e avevano concordato di rivedersi giovedì a pranzo, lo spagnolo aveva preteso un congruo anticipo.
Intanto, dopo anni di dominazione spagnola a Napoli, avviene un clamoroso capovolgimento storico. Vila Real, una città spagnola viene invasa dai napoletani e diventa completamente azzurra! Sulla cattedrale, sin dalle prime luci dell’alba, compare una bandiera del Napoli.
I tifosi dei Citizens sono convinti del passaggio del turno e alle sette di mattina sono già tutti ubriachi a cantare per strada: “We are the Champions”. I napoletani residenti a Manchester gli mandano silenziose bestemmie partenopee e parte in inglese, ma la scaramanzia impone il silenzio. A Napoli la gente si incontra per strada, si saluta e comunica con lo sguardo, ma nessuno dice una parola. I napoletani sono tesi come corde di mandolino. Sono carichi, hanno ettolitri di adrenalina che scorre nelle loro vene, ma quando si ha un appuntamento con la storia è inevitabile essere tesi.
Gianni, Gino e Maurizio sono partiti per la Spagna a bordo di un sottomarino rubato. Lo aveva rubato al nemico uno zio di Gianni, durante la seconda guerra mondiale, ed era ancorato sott’acqua, a Mergellina. I tre viaggiano tutta la notte, ma senza chiudere occhio. Gino continua a ripetere: “Io confido nel Bayern. Inglesi e tedeschi storicamente non sono mai stati alleati”. “Maurizio controbatte che tutti sono alleati dei petroldollari”. Gianni è d’accordo con entrambi, anche se le tesi sono apparentemente contrastanti; ma lui pensa che il Destino sarebbe stato troppo crudele se avesse portato milioni di malati fino a Lourdes per farli poi annegare nella fontana. Lui è da domenica che non parla, ma tiene un vulcano dentro. Chiude gli occhi e vede tutto azzurro. Poi li riapre e vede pescetti di tutti i colori che bussano ai finestrini del sottomarino.
Il Madrigal è la prova della recente dominazione napoletana in Spagna. I quattro terzi degli spettatori sono napoletani. Non è stato difficile per i napoletani spacciarsi per spagnoli, fare residenze false tra Valencia e provincia per acquistare anche i biglietti destinati al pubblico di casa. Gennaro sente la formazione del Villareal e si chiede se Bruno Soriano sia figlio di Filumena Marturano. Poi ascolta alla radio la formazione del Bayern, che schiera nove riserve a Manchester, e si chiede se Jupp Heynches non sia figlio di qualche collega tedesca della Marturano. Quando il City passa in vantaggio, sei milioni di bestemmie, in idiomi diversi, si levano nell’aire. In un condominio di Oldham street, dal quattordicesimo piano, parte un urlo che si sente nei restanti trentasei: “In the soul of your dead relatives”! Maurizio e Gino si guardano sconsolati. Gianni urla in silenzio. Mazzarri, intanto, sta per sostituire Inler, quando un calciatore spagnolo gli si avvicina a bordo campo. Per la prima volta nella storia, un allenatore commette un fallo da espulsione su un calciatore. Pochi minuti dopo, Gokhan Inler, che aveva segnato l’ultimo goal proprio al Napoli, e che da allora aveva mostrato una precisione non superiore a quella di Gargano e Sola, lascia partire un missile terra - acqua che buca il sottomarino giallo! Ciro guarda Gennaro, che gli fa l’occhiolino e poi comincia a correre sopra ai sediolini di tutto lo stadio. Maurizio si ritrova in braccio a Gianni, che a sua volta si ritrova in braccio a Gino, che sente immediatamente che dovrà cambiare il disco alla propria ernia. Mazzarri, in tribuna, bacia uno spagnolo sulla bocca, che subito dopo gli chiede di sposarlo. Il Madrigal sembra una succursale dei quartieri spagnoli, le tribune tremano. Gianni si vede già sul prato, insieme a tutti gli altri, gambe all’aria. Ma per fortuna questa volta la tribuna non cede. Napoli esplode di gioia. Nelle regioni confinanti si pensa ad un terremoto, ad un esplosione del Vesuvio, e invece è semplicemente passato in vantaggio il Napoli!
Mentre lo sceicco si chiede come mai lo spagnolo con il quale era stato a cena la sera prima avesse un marcato accento napoletano, su un calcio d’angolo di Lavezzi, Marek Hamsik si fa trovare puntuale all’appuntamento con la Storia. Sugli spalti comincia a piovere. Ma sono solo lacrime di gioia! I sei by-pass di un ultrà napoletano vengono ritrovati a Valencia, il tifoso del Napoli del quattordicesimo piano del condominio di Oldham street viene ritrovato al terzo piano, dopo aver sfondato i solai intermedi, che non avevano retto al peso della sua gioia e neppure a quello dei suoi duecentoventi chili. Peppe era a teatro, ma  quando ha sentito dalla radiolina che Hamsik aveva raddoppiato, scende dal palco e corre ad esultare tra il pubblico, che crede che la scena faccia parte del copione.
L’arbitro norvegese, che pure aveva fatto la sua parte, chiudendo due occhi su un fallo di mano in area di uno spagnolo e su un paio di falli da espulsione, pensa che dovrà pagare il doppio della caparra per un certo compromesso che, suo malgrado, non potrà più onorare.
Al 95’ minuto, si scopre che i napoletani sparsi per il mondo sono davvero tanti. Tutto il mappamondo sembra più azzurro. Mazzarri non si ferma in sala stampa e ritorna a casa a bordo del sottomarino rubato con Gianni, Maurizio e Gino, che cantano ubriachi di gioia: “We all live in a yellow submarine
yellow submarine, yellow submarine”. Annunziata, a New York, incurante del fuso orario, mette Pavarotti a palla, che canta “Nessun dorma”! Francesca, a Dubai,  dal balcone di un hotel dello sceicco, intona “Caravan Petrol”. A Monaco di Baviera, uno striscione avvolge l’intero Allianz Arena: “88-17 Ham(b)sik sulla ruota di Napoli”. Gaetano, pilota dell'aereo che alle quattro del mattino riporta la squadra a casa, vede una marea umana all'aereoporto di Capodichino che aspetta i propri beniamini e gli sembra di non aver mai volato così in alto, anche se sta atterrando.
Gennaro, intanto, con un turbante in testa scorazza per via Caracciolo in groppa ad un cammello e, con un binocolo a tracolla e con in mano una bolletta, canta “M’aggio accattato ‘nu cammello”! 

martedì 6 dicembre 2011

"A te, Marek Hamsik"... di Pietroalessio di Majo


e speriamo che porti bene !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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A te, che da un po’ di tempo sei latitante,
ma che di gioie ce ne hai regalate tante,
a te, che sei bravo, giovane e slovacco,
non chiediamo rovesciate o colpi di tacco,
ma solo quello che tu, grande Marek, sai fare:
tirare forte o preciso per poi la rete gonfiare…
A te, che sarai anche un professionista esemplare,
ma le tue giornate di grazia son diventate un po’ rare,
a te, che, sarà pur vero, corri, difendi e non ti risparmi,
ma che ben altre emozioni sai bene che potresti darmi,
chiedo una cosa complicata, ma non proprio impossibile:
uno dei tuoi bolidi terra-aria, che sia davvero imprendibile,
affinché si possa tornare a cantare il tuo nome a squarciagola,
affinché si torni tutti a pensare che: “Con Marekiaro si vola”.
A te, Hamsik, chiedo un grosso favore, ne sono consapevole,
ma ultimamente sei sembrato fiacco, oserei dire arrendevole,
ed è per questo che, per non sottrarmi alla recente scaramanzia,
sono qui a scriverti, tra un'imprecazione e, si spera, una profezia:
buttala dentro, Marek, fallo questo mercoledi’,
perché sarà difficilissimo scegliere un miglior di’.
La partita dell’anno può essere l’occasione perfetta
Per abbandonar la via tortuosa e riprender la retta

martedì 29 novembre 2011

L'ombrello di Mazzarri, rapimento di Quagliarella di Gianni Puca

IL CIUCCIO CHE VOLA

 “Io uno come Denis non lo avrei mai fatto andare via”, ripete per l’ennesima volta Gennaro mentre inserisce la quinta alla vecchia Ritmo. “Ma se tu bestemmiavi Saint Denis ogni volta che si mangiava un goal lui e la porta”, replica Gaetano. “Ma che vuol dire? Però si impegnava, entrava a partita in corso e una volta segnava, una volta faceva un assist. Usciva dal campo sempre con la maglia sudata. E poi Saint Denis è uno stadio francese.” “Ma quello è stato lui che se ne è voluto andare”, si inserisce Vincenzo, cercando di mediare. “Quando uno tiene un contratto, tiene un contratto. Perché quei cadaveri che ci erano rimasti sullo stomaco dalla serie B, e che nessuno ha voluto manco gratis, non li abbiamo pagati lo stesso? Avevano un contratto e i contratti vanno rispettati. Chi protesta va multato e spedito in tribuna fin quando non viene a miti consigli”, ribadisce Gennaro, sempre più infervorato. “Ha ragione..,”, concorda Peppino, “…noi stiamo pagando ancora Rinaudo, che non sappiamo manco se è vivo o è morto. La Juve ci ha fatto il cavallo di ritorno”. “Comunque Denis oggi non vede nemmeno il pallone”, profetizza Gaetano. Al goal di Denis, Gennaro evoca nuovamente il santo che ha dato il nome allo stadio francese inaugurato durante i mondiali del ’98. Gaetano diventa giallo come la maglietta di Campagnaro, che nel frangente, per come striscia il pallone, più che un terzino sembra Capitan Ventosa. Qualcuno pensa che sia la maledizione di Aronica che si abbatte su tutti coloro che vengono schierati nel suo ruolo. Grava, Britos, Ruiz, Fideleff… Domizzi, tutti quelli che hanno occupato quella zona del campo si sono imbattuti in infortuni di gioco, fisici e… vabè, sorvoliamo. E sabato è toccato a Campagnaro, che prima ha preso una gomitata in faccia e poi ha provocato il goal di Denis. Il Napoli, però, non meritava di perdere a Bergamo, sia per l’equilibrio che si era visto in campo, sia per i soliti cori beceri e razzisti piovuti dallo stadio padano, che meritavano di rimanere strozzati nelle gole della minoranza deficiente che getta fango anche sulla maggioranza perbene dei bergamaschi. La reazione di Mazzarri sarà stata antisportiva, ma a Bergamo aveva cominciato a piovere subito dopo il goal di Cavani. Questo le tv padane non lo dicono. Mazzarri, che aveva già mal di gola per l’esultanza seguita ai goal di Cavani contro il Manchester, ha aperto l’ombrello. Ma quanti napoletani presenti allo stadio sabato hanno aperto l’ombrello per proteggersi dalla pioggia e dai cori squallidi che piovevano dagli spalti? Anche noi da casa, diciamolo, abbiamo aperto l’ombrello. “Un pareggio a A-ta-lan-ta non è da buttare sentenzia Gennaro”, mentre la Ritmo sbanda in una curva. “Martedì la partita contro la Juve sarà uno spettacolo nello spettacolo”, osserva Vincenzo, proprio mentre alla radio danno una notizia clamorosa. “Subito la gara con la Lazio, un commando di quattro persone mascherate, di bassa statura, ha rapito il calciatore della Juventus Fabio Quagliarella. Per il riscatto è stata chiesta la somma di undici ottilioni di dollari, pagabili in dodici rate. Il riscatto, secondo la lettera anonima lasciata dai rapitori sulla panchina della Juve, dovrà essere pagato a mezzo bonifico bancario su un conto intestato alla Banda Bassotti e il calciatore, in caso di pagamento della prima rata, sarà rilasciato martedì sera, verso le 23.00.Gli inquirenti sostengono che dietro la fantomatica Banda Bassotti, si nasconda in realtà il noto pregiudicato "Ignazio detto il torchio". Non si esclude, tuttavia, la pista della simulazione del rapimento da parte del calciatore stesso, che pare sia stato visto allontanarsi insieme a Toni e Iaquinta, che pure risultano scomparsi. Il prefetto, in un intervista rilasciata alla carta stampata, ha dichiarao che faranno di tutto per ritrovarlo prima di martedì sera e che la partita, l'aveva rinviata apposta per consentire a Quagliarella di giocare a Napoli".

mercoledì 23 novembre 2011

Anche gli sceicchi piangono di Gianni Puca

Armando è un non vedente, di professione tifoso del Napoli. Lui da giovane ci vedeva e aveva anche un lavoro. Ha visto i due scudetti, la coppa UEFA, la Supercoppa e, come lui ricorda ogni giorno, cantando: “Ho visto Maradona, uè, mammà, innamorato son”. Lui faceva il guardiano, poi – per evidenti ragioni dovette lasciare il posto, perché da un momento all’altro non ci vide più. Era l’anno del Napoli di Boskov; quando Armando vide Imbriani e Agostini in attacco decise quasi volontariamente di non vedere più nulla del mondo e di conservare negli occhi le immagini dei tempi d’oro. Da allora Armando continua ad andare tutte le domeniche allo stadio, anche se non vede. Lui ascolta i suoni, i rumori, e dai rumori ricostruisce le immagini. Un amico gli ha regalato un accredito in tribuna autorità, è seduto accanto allo sceicco quando nell’aire vengono scolpite le note dell’inno di Handel. Lo ha intuito dai profumi orientali delle decine di mogli che lo accompagnano. Nella ressa, prova a fare la mano morta ad una a caso delle sceicche, ma non saprà mai che purtroppo ha beccato proprio il sedere dello sceicco, che pure indossava una lunga veste. La musichetta della Champions gli fa venire da piangere, così come la formazione del City: Dzeko, Balotelli, Silva, Tourè, e in panchina tengono pure Aguero e Nasri. Addirittura Tevez è fuori per motivi disciplinari. A Napoli giocherebbe pure se avesse rapinato il monte di pietà! Quando al termine della musichetta i centoventimila del San Paolo urlano “Chaaaampioooons” trema tutto. Soprattutto trema il cuore di Armando, che sente che un paio dei suoi by-pass, applicatigli ai tempi di Salvatore Naldi, sono finiti nel settore distinti. Armando sente la gente che dice: “Guarda che spettacolo in curva A, guarda che bella la coreografia in curva B, guarda nei distinti… Che bello!” Lui avrebbe risposto: “Ma che debbo guardare, non lo vedi che sono cieco?” se non fosse che i napoletani riescono a guardare anche senza vedere. Armando ha le lacrime agli occhi, come quando Carnevale segnò con la Fiorentina, su assist di tacco di Giordano. Come quando Baroni si librò nell’aire contro la Lazio, quando Maradona e Careca smontarono mezza Germania per portare a Napoli l’unico trofeo europeo. La partita non è ancora cominciata, ma già essere qui è una vittoria. Con i soldi che gli sceicchi hanno speso per fare questa squadra, si potrebbe costruire un’altra Napoli, con due Vesuvii e tre golfi, sei Maschi Angioini e dodici Palazzi Reali. Ma Davide non aveva paura di Golia, Totò sconfisse Maciste e anche i puffi hanno sempre beffato Gargamella. Fa freddo al San Paolo, ma nessuno sente freddo, su ogni seggiolino ci stanno almeno due tifosi. Ogni padre ha portato almeno un figlio. I spettatori paganti sono circa sessantamila, i non paganti saranno almeno il doppio. Quando lo stadio canta: “Chi non salta rossonero è” (sì, perché il Manchester oggi ha fatto il madornale errore di indossare i colori dei nostri più acerrimi nemici) trema tutta Napoli. Dalla Gioia! Quando Lavezzi, in un imprecisato minuto del primo tempo, va a calciare dalla bandierina, ad Armando torna alla mente un immagine: “Diego che a Torino batte un calcio d’angolo che diede inizio alla storia. Allora fu Bruno Giordano che colpì al volo quel pallone che gonfiò la rete di Tacconi e il petto dei napoletani. Questa volta è Edinson Cavani a volare più in alto dei grattacieli arabi, e fa saltare letteralmente lo stadio dalle fondamenta. Il boato del San Paolo è avvertito fino a Torino, dove erano già tutti a dormire. Armando non può vedere, ma ha ovviamente capito cosa è successo. Urla: “goooal… goooaaal... goooaaal” per più di un quarto d’ora, e corre sui seggiolini della tribuna, pestando pure i piedi allo sceicco. Quando lo speaker ripete all’infinito: “Edinson” e il pubblico risponde “CA-VA-NI” Armando si ricorda dell’ultima volta che ha fatto l’Amore con sua moglie. Ormai ha un’età e manco con le pillole blu riesce a… Ma non ricorda praticamente da mai un orga… un’organizzazione di gioco del genere. Il Napoli sta schiantando il City! Non lo può vedere ma lo sente. Lui, per sua fortuna, non ha potuto vedere chi ha ciccato il rinvio in area, servendo Silva, il cui tiro è stato respinto da De Sanctis sui piedi di Balotelli. Ma lui sa leggere anche il silenzio. E quel silenzio surreale, che gli ricorda quello che seguì il goal del maledetto avvoltoio madrileno, è interrotto da una bestemmia di 31 minuti, che è continuata durante l’intervallo e che aveva un unico destinatario: Salvatore Aronica! Armando è di Acerra e, quindi, del contenuto della sua filippica i presenti in tribuna hanno capito tanto quanto lo sceicco, le sue mogli e i tifosi inglesi assiepati nel settore ospiti, che pure hanno udito una voce che forte e poco chiara si stagliava nel cielo e faceva tremare pure il vento. Quando Il Pocho, servito da Dossena, ha messo il pallone al centro per Cavani è venuto giù tutto. È venuto giù un ventennio di sofferenze, di attese disattese, di sogni vestiti da incubi. Un ventennio di Agostini, Imbriani, Calderonni, Prunierri, Varricchi, Ignoffi, Cupi, Lacrimini, un ventennio di Mondonichi, Bortolinimutti, di Renziulivieri e di Galeoni affondati. È venuto giù lo stadio, sono venute giù le lacrime dello sceicco, sono venute giù le lacrime delle mogli, che quando il Manchester perde già sanno che per una settimana non si tromba, quantomeno non con lo sceicco. È venuto giù Armando, che da ieri ancora corre come un pazzo per tutto il campo, balla intorno alla bandierina come Juary, fa le capriole come Asprilla, il trenino come Protti, culla un bebè come Bebeto, anche se suo figlio ha ormai quarant’anni e si tuffa in una pozzanghera come Maradona. E ora è ancora lì disteso sull’erba a guardare il cielo. Lui non può vederlo, ma sente che non è mai stato così azzurro. Gianni Puca

lunedì 21 novembre 2011

Napoli-Marchetti 0-0 di Gianni Puca

“Diego, vogliamo andare… alle giostre stasera?”, chiede Gianni al nipotino di sei anni, facendogli l’occhiolino. “Ahò, zio, non ti far sentire da babbo che mi chiami così. Lo sai che se ‘ncazza quando mi chiami Diego”, replica a bassa voce il bambino. “E ma io non ce la faccio a chiamarti Francesco, è più forte di me. Ti raccomando, mettiti la maglietta del Pocho che ti ho regalato e mettiti il maglione sopra, sennò chi la sente tua madre! Ma tu guarda che disgrazia, non bastava una sorella milanista, no… pure un cognato romanista mi doveva capitare. Ma almeno questa povera creatura innocente la debbo salvare. I milanisti si debbono estinguere e pure i romanisti”. “Ma contro chi giochiamo stasera?”, chiede il bambino mentre parcheggiano a metà strada tra l’Edenlandia e lo stadio San Paolo. “Con la Lazio. Ti sono piaciuti i dvd di Maradona che ti ho regalato al compleanno?” “Sì, ma li ho dovuti vedere a casa di nonno Gennaro, li tengo nascosti lì. Nun sia maje mi vede babbo mi manda all’asilo dalle suore”. “E tu non farglieli vedere. Anche i cristiani sono stati perseguitati dai romani. Ma la Fede è Fede, e quella azzurra non si può sconfessare. Tu sei nato a Napoli, sebbene da padre romanista e madre milanista, e quindi hai sangue azzurro che ti scorre nelle vene. E sei nato lo stesso giorno di Marek Hamsik”. Il primo tempo scorre via lento e sonnacchioso. Il risultato è ancorato sullo zero a zero; Gianni guarda il nipote e, sconsolato esclama: “Eh, si sente la mancanza di Britos”! Nel secondo tempo Reja, passa dall’8-1-1 al 10-0-0. Oronzò Canà, in tribuna, prende appunti per il prossimo film e un’illuminazione lo coglie improvvisamente: anche la sua Longobarda giocherà con la trizona, con Crisantemo unica punta e Speroni e Aristoteles terzini di fascia. Nel secondo tempo, la partita sembra una partita di squash tra Lavezzi e Marchetti, dove il portiere laziale fa la parte del muro. Diego, anche se ha solo sei anni, ha già quattro anni di militanza in curva B e nella curva romanista, quindi ha assimilato un vasto campionario di imprecazioni napoletane e romane. Al tiro di Lavezzi al 94’, dopo la parata surreale di Marchetti. crea una mala parola che è una perfetta sintesi tra le culture dei due popoli, entrambi nemici dei laziali. Al momento del goal annullato da Rizzoli a Cavani, il bambino, incuriosito dalle urla dei tifosi, chiede allo zio cosa vuol dire che l’arbitro tiene le corna. Gianni gli spiega che gli arbitri, per natura, nascono con delle protuberanze ossee, come gli stambecchi, i cervi, i cosmoceratopi. A differenza di questi ultimi, che hanno quindici appendici ossee, gli arbitri ne hanno due. Il bambino lo guarda smarrito. Lo zio intuisce di aver utilizzato dei termini troppo scientifici e sintetizza e semplifica il concetto: “Diego, mò sei troppo piccolo per capire, ma se da grande incontrerai una donna di non irreprensibili costumi morali, stai ben sicuro che il marito fa l’arbitro”.

giovedì 10 novembre 2011

O voi dalle zebrate maglie di Francesco Cecere

O voi dalle zebrate maglie Che con le vostre lagrime cader fate le foglie Gridate allo scandalo per una partita rinviata Nel giorno in cui la vostra dirigenza viene condannata E invece di scomparir sotto terra per la vergogna Tuonate contro chi giustamente vi ha messo alla gogna "Noi estranei ai fatti"?? Ma cosa avete fumato? E chest'è

domenica 30 ottobre 2011

Non tutti i Celi sono azzurri... di Gianni Puca

“E che maniere?! E datemi il canzo di sedermi…” avrebbe urlato la buonanima di Sandro Ciotti, se fosse stato ancora in servizio. Neppure trenta secondi e Cavani aveva già portato il Napoli in vantaggio. Pulvirenti era ancora al bar e un mezzo cannolo gli va di traverso quando sente il boato del settore ospiti. La maggioranza dei tifosi napoletani urlano per inerzia perché stavano sfilando la marenna dal fodero e manco lo avevano visto Cavani tirare in porta. 24’ “Clamoroso al Cibali…”, avrebbe urlato ancora il marmittoso radiocronista Rai: “…primo goal in serie A di Marchese!” Il suo primo e ultimo goal lo aveva segnato a subbuteo dodici anni fa ed era pure in fuori gioco. 39’ Schema flipper del Napoli in area avversaria, ma la palla non entra in buca. 41’ “Gesù, Giuseppe, Santana e Maria”, commenta rassegnato Don Gustavo, un sacerdote gay che Mazzarri aveva fatto venire direttamente dalla Maremma per benedire i suoi centrocampisti, fatti fuori uno alla volta dai gufi diversamente napoletani. Il Napoli resta in dieci per un fallo ingenuo e inutile di un praticante mediano improvvisato da Mazzarri, che per Monaco aveva pensato di convocare Vinazzani e Criscimanni. Inizia il secondo tempo: se sbagliare è umano, schierare Mascara mediano con il Napoli in dieci è diabolico. 47' Infatti. 74’ Triangolo di Lavezzi con Inler, Andujar è sintonizzato su mediaset premium e vede il tiro in leggera differita, ma il pallone va di poco fuori. 75’ Assist di Lavezzi per Cavani, tiro di prima intenzione, palla in fallo laterale. Nella mente dei tifosi partenopei riecheggia uno storico e mortificante commento di Sandro Ciotti: “Scusa Ameri, ti interrompo da Udine, gesto tecnico deprimente di Agostini, tiro dai sedici metri, palla in fallo laterale”. Ah, in verità ci sarebbe pure un altro episodio rilevante, verificatosi al secondo minuto del secondo tempo, che ha inciso non poco sul risultato finale. Ma non teniamo il coraggio di raccontarvelo. Pressione costante del Napoli negli ultimi quindici minuti, occasioni sprecate dagli attaccanti e dall'allenatore, che non sbaglia quasi mai, ma quando sbaglia le fa veramente grosse... Anche Lavezzi, sul finire del primo tempo ha avvertito che occorreva un mediano di ruolo a centrocampo al posto di Santana, e ha passato la palla a Dzemaili, che però era in panchina, sebbene senza pettorina. C'è chi pensa che non si sia trattata di una svista, ma di un messaggio all'allenatore. Il Napoli esce battuto dal fu Cibali. Migliaia di donne napoletane non faranno sesso questa sera. Quantomeno non con i mariti. E c'è ancora chi dice che una sconfitta del Napoli non rientra tra i problemi gravi della vita... Ma domani è un altro giorno, e pure mercoledì...

lunedì 24 ottobre 2011

Anche i tenori steccano di Gianni Puca

Dopo diversi anni, nello scorso campionato, il Napoli aveva sfatato il tabù del Sant’Elia, ed aveva vinto con un goal di Lavezzi al 94’. Pasquale, ultrà partenopeo figlio d’arte, è dal 10 novembre 2010 che è rimasto paralizzato con le braccia perpendicolari. Ha il volto felice, anche se da quel momento non è riuscito più a muoversi. Gli amici della curva lo hanno portato a Cagliari di peso, nella stessa posizione in cui si trova ormai da un anno, con l’ombrello aperto e la goduria stampata sul volto. Cagliari – Napoli riprende da lì. 1’ Dossena, da ottima posizione, con una sassata micidiale che lascia di sasso il portiere ma fa fuori un pastore di Sassari a bordocampo, che lascia moglie, suocera e tre greggi di pecore. 4’ Gargano, che ancora non ha smaltito il fuso orario dell’ultimo viaggio intercontinentale, si addormenta al limite della propria area; Nenè si ritrova solo davanti a De Sanctis, che para un rigore in movimento. Sant’Elia guarda San Gennaro in cagnesco, ma il santo partenopeo giura su San Siro di essere innocente. 12’ Agazzi imita De Sanctis ed esce a kamikaze su Zuniga, che cercava di dribblare pure la linea di fondo campo. 24’ Punizione dalla sinistra di Cossu, torsione di testa di Nenè, San Gennaro abbassa la traversa, che respinge. 32’ Palo di Santana, che fa venire le scolle in fronte a Cellino.. 35’ Legnata di Nain-gol-an, miracoloso colpo di reni di San Gennaro… palla sulla traversa. Sarebbe stato il colmo se avesse segnato un belga il cui nome, nella sua lingua, vuol dire “non segna da anni”. 39’ Colpo di testa di Santana, grande parata del portiere cagliaritano. Dal settore ospiti si ode un urlo: “st’Agazzi”! 44’ Stacco imperioso di Nenè a colpo sicuro, ad un metro dalla porta, Cellino e Sant’Elia esultano, palla in fallo laterale. 46’ Grazie ai microfoni delle pay tv, viene intercettata una telefonata del guardalinee all’arbitro Banti: “Luca, Luca, puoi fischiare, è finito il primo tempo”. 54’ Esce Lavezzi ed entra Hamsik. Il Pocho, uscendo, recita un… adattamento in argentino de “ ‘A livella”, dedicandola agli ascendenti dei tifosi sardi che lo fischiano. Tra il 65’ e il 70’ le macumbe di Cellino fanno fuori Santana e Gargano. Entrano Maggio e Inler. 70’ Aronica, tra i migliori in campo, mura due volte Tiago Ribeiro, che se lo ricordava decisamente diverso il terzino palermitano. 75’ Contropiede del Napoli, Zuniga per Hamsik, che lancia in profondità lo svizzero Dzemaili, il cui tiro è impreciso. 82’ Gran botta di Maggio, il portiere sardo respinge, ma Cavani era andato al vicino commissariato a denunciare la propria scomparsa. 87’ Agazzi, nel tentativo di anticipare Cavani, dà uno sganassone al proprio difensore Pisano, che rimane intontito. Il medico sardo gli fa qualche domanda per accertarne la lucidità. “Chi è stato il capocannoniere dell’ultimo campionato?” Il terzino, frastornato, risponde: “Larrivey”. “Chi sono i tre attaccanti del Napoli? “Pavarotti, Domingos e Carrera”, replica il difensore, questa volta più deciso. Il medico chiede il cambio, nel frattempo l’arbitro fischia e il pubblico anche. La partita finisce zero a zero. Pasquale sta ancora con l’ombrello aperto, anche se c’è il sole. Con uno sguardo tra il semideluso e lo speranzoso dice agli amici che non si può sempre vincere e che mercoledì è un altro giorno…

domenica 16 ottobre 2011

Aglio, fravaglio, fattura ca nun quaglia, di Gianni Puca

Grande Gianni, unico a risollevarmi da questa tristezza.....

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No, Agostinelli nooo, pietà di noi! Offritegli una panchina: il Pergocrema, il Poggibonsi, il Pizzighettone, una qualsiasi, ma non fategli fare il commentatore televisivo, per favore. Ma non solo perché non riesce a distinguere Giovinco da Boateng e Inler da Criscimanni, ma soprattutto perché porta statisticamente una iella scientifica.
Io, se volete, la partita ve la posso pure raccontare, ma dal punto di vista tecnico si può sintetizzare in una sola frase, anche un po’ scontata, se vogliamo: un Parma Modesto vince al San Paolo con un colpo da Gobbi.
Eppure, voi penserete, i gobbi portano bene… Ma contro gli influssi malefici di Agostinelli non c’è nulla da fare. Mazzarri, che pure conosceva questa statistica, appena ha saputo che il commento tecnico di Mediaset premium sarebbe stato affidato all’ex caschetto d’oro, ha trascorso ore in ritiro con la squadra a ripetere alcuni riti magici. “Aglio, fravaglio, fattura ca nun quaglia” era il rito del mattino, e “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio” quello ripetuto per due settimane durante gli allenamenti pomeridiani. Niente tattica, niente schemi, anche perché i calciatori erano stati convocati quasi tutti in nazionale, ad esclusione di Cannavaro e Campagnaro, atteso che Prandelli ha preferito puntare sul blocco Juve, che l’anno scorso è stata la diesa che, in casa, ha subito più goal dell’intera serie A.
Se, per la partita col Chievo, Mazzarri aveva chiesto al medico sociale e al preparatore atletico di fare la formazione, per limitare al massimo il rischio infortuni, questa volta si è affidato al Santone di Avella, per individuare i calciatori più protetti dalle stelle e che potessero contrastare la sfiga agostinelliana.
Da approfonditi studi di un collegio di maghi, composto dal Mago Otelma, Gennaro D’Auria, Merlino e Harry Potter è risultato che anche se tutti gli abbonati Mediaset ascoltano la telecronaca di Raffaele Auriemma, per il solo fatto che esiste l’opzione Agostinelli, sul Napoli si abbattono catastrofi inenarrabili. Chi di voi non ricorda, ad esempio, la diagnosi di qualche anno fa dell’ex calciatore della Pistoiese che prima ancora che venisse commesso un fallo su Lavezzi gli predisse un lungo stop? E secondo voi, e siate onesti nella risposta, la parata di Mirante sul colpo di testa di Maggio e il susseguente palo di Cavani non sono da addebitare a forze occulte? E la punizione di Cavani, che per un millimetro non ha spicchettato la porta del Parma?
Lasciamo stare il rigore per il fallo di mano in area su cross di Dossena, e qualche altra svista di Mazzoleni, che si è scordato i cartellini gialli nella giacchetta nera mandata in tintoria e che per evitare un Rocchi bis, non ha dato neppure la punizione su Lavezzi, atterrato in prossimità della linea dell’area di rigore, dopo aver battuto il record mondiale di dribbling consecutivi (ben trentotto! N.d.r.) Noi non ci vogliamo attaccare agli errori arbitrali. Non siamo interisti.
Ma secondo voi, perdere in casa con il Parma per un goal di Gobbi e di Modesto (che in due hanno segnato tre goal in carriera) non ha motivazioni che vanno ampiamente al di là della scienza e della fantascienza?

sabato 15 ottobre 2011

Ristorante Mimmop

Pe fà na parmiggiana ca spaparanza o'core
ce vonne 'e mulignane e tiempo na mezzora.
Pigliate 'e mulignane, luvatece o'cappotto
mettitele a' fà o'bagno pe' dinte a l'uoglie fritto.
Quanne sonne addurate, pigliate na tiella
pummarulelle 'e Pollena e nu pare 'e frunnelle
accio e vasinicola nun ponne mai mancà
e pure a' muzzarella ma senza esagerà.
Po' na bella rattata d0' meglio parmigiano
vulite nu cunsiglio? Spannitelo ca' mano.
Quanne a' cuttura è pronta, facite arripusà
ca pò se squaglia m'bocca e ve fà arricrià.
Si pò vuje n'Paraviso ve vulite sentì,
dinte a nu cuzzetiello facitela murì.
E si pò vence o'Napule faciteve a' scarpetta
tutte è cchiù sapurito e niente cchiù si jetta.

martedì 4 ottobre 2011

Quello che la stampa non dice

Se al Napoli negano un rigore evidente...nessun problema...

domenica 2 ottobre 2011

Rigore è quando arbitro fischia - di Gianni Puca

GRANDE !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Dopo la schiacciante vittoria in Champions contro il Villareal, il Ciuccio vola a Milano, dove non vince contro l’Inter da 17 anni. Il 17 porta male, e il designato arbitro Rocchi non ne parliamo proprio. Ma in matematica meno per meno fa più, e la matematica non è un opinione.
Cavani non recupera dall’infortunio, Pazzini si. La coppia di commentatori Mediaset composta da Bruno Longhi e Aldo Serena fa più paura della coppia Pazzini – Forlan. Gli abbonati napoletani appendono corone di aglio sui televisori.
Al 1’ Bruno Longhi concede un calcio di rigore all’Inter per fallo di Maicon su Gargano. Rocchi stranamente non ratifica.
3’ Gesto tecnico deprimente di Forlan, che prova un tiro al volo alla Van Basten ma trova una conclusione alla Darko Pancev.
6’ “Sgambetto involontario” di un difensore dell’Inter in area su Pandev. Cit. “Bruno Longhi”. Anche la moviola soprassiede e non mostra il replay delle immagini.
10’ Mazzarri si toglie la giacca.
13’ Due calciatori del Napoli a terra a centrocampo, l’Inter prosegue l’azione, tiro di Forlan, fuori. Signori si nasce.
20’ Lo spirito di Garrincha si impossessa di Pandev, che dribbla tre avversari, ma poi crossa alla Waldir Perez.
21’ Inler tira un calcio di punizione degno del miglior Gargano. Mèta!
24’ Goal in fuorigioco di Pazzini. Rocchi annulla, il pubblico interista è incredulo. Vola un mini califfo dalla tribuna. Non è neppure assicurato.
36’ Lavezzi corre più veloce dei neutrini e delle cazzate della Gelmini. Chivu lo mette giù. Ammonito.
42’ Rigore per il Napoli per fallo fuori area di Obi su Maggio, ma rigore è quando arbitro fischia. Seconda ammonizione all’interista, che va fuori. Tira Hamsik, boato del covo di interisti nel palazzo di fronte per la respinta di Julio Cesar, ma subito dopo la terra trema! Campagnaro e tutta Napoli si catapultano sul pallone e tirano insieme, sfondando quella porta in cui in tanti anni erano entrati tanti goal irregolari dell’Inter contro il Napoli. Avere un rigore che non c’è a Milano da Rocchi è una goduria infinita, pari solo ad una visione in 3D della faccia di Moratti e dei dirimpettai nerazzurri con la faccia verde. Il rigore non c’è, ma chi se ne foooooootteeeeeee!!! Loro dovevano essere in B per passaportopoli, per tutti gli imbrogli che stanno emergendo dalle recenti intercettazioni, si sono presi uno scudetto a tavolino, rubando più della Juve. Robin Hood diceva che rubare ai ladri non è peccato e l’Inter ruba, senza soluzione di continuità, dai tempi di Robin Hood. Prescrizioni e patteggiamenti non cancellano gli imbrogli.
50’ Esce Ku Fu Pandev ed entra Bugs Bunny.
56’ Maggio brucia Nagatomo sullo scatto, pallonetto su Julio Cesar e Fuorigrotta trema sebbene il Napoli giochi a San Siro. Dalla tribuna Puca cadono calcinacci dalla soffitta. Per fortuna siamo assicurati anche per gli eventi tellurici.
65’ Hamsik aggira la trappola del fuorigioco dell’Inter e serve Zuniga al centro dell’area che a porta vuota calcia in curva. Nel settore ospiti ci sono circa quattromila napoletani, ma una bestemmia in dialetto parte nopeo e parte milanese in tribuna è la prova che ci sono napoletani trapiantati a Milano mimetizzati in tutti i settori dello stadio.
76’ Passaggio filtrante di Lavezzi per Hamsik, che fulmina Julio Cesar e la resistenza interista. La bella Madunnina scende dal Duomo che vibra come una lavatrice che centrifuga i campioni del mondo in carica.
78’ Esordio in serie A di Chavez che subentra a Lavezzi. Nel frattempo sono entrati anche un paio di interisti, ma nessuno se n’è accorto.
85’ Bruno Longhi, imparziale commentatore Mediaset, regala un’ultima chicca: “Lavezzi è sparito dal campo”. E pe’ fforza… è stato sostituito da dieci minuti! Ma che stai commentando Ambrosiana Inter – Pro Vercelli? L'anno prosismo giuro che mi vedo le partite su Mediaset premium, ma in streaming.

E anche a San Siro si levano nell’aria le note di “Oj vita, oj vita mia…

Buon compleanno, Mister Mazzarri!

Sogno o son desto ?

Quando mi sono svegliato stamattina ho pensato per un´istante se quello che ho vissuto ieri sera era un sogno.... invece no.... !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Speriamo di non dover pagare a caro prezzo l´errore arbitrale....

In ogni caso.... tra Milan e Inter ....ben 6 palloni.... non é male....



Grande Mazzarri....Grandi tutti....



come si GODE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

giovedì 29 settembre 2011

Gli Implacabili di Gianni Puca

Gianni e Marcello sono due bagarini professionisti. Hanno cominciato a bagarinare dai tempi dei Mac π, al liceo, per poi specializzarsi per grossi eventi, musicali e sportivi. Ai tempi di Maradona, con i biglietti del Napoli avevano fatto affari d’oro, poi con l’avvento di Agostini e Imbriani e successivamente di Totò Naldi e Corbelli avevano pensato addirittura di trovarsi un lavoro. Per fortuna, tra i concerti di Gigi D’Alessio, Vasco Rossi e qualche altro erano riusciti a tirare avanti. Dal calcio si erano allontanati, per poi riavvicinarsi di nuovo con l’avvento di De Laurentiis. Dall’anno della serie C, gli affari ricominciarono ad andare di nuovo alla grande. La qualificazione Champions, oltre a De Laurentiis, aveva fatto brillare gli occhi anche a loro, per le aspettative economiche che ne conseguivano. I biglietti per il Villareal, prima partita di Champions in casa dopo ventuno anni, erano andati quasi esauriti il primo giorno. Lo stock di biglietti rimediati da Gianni e Marcello in una maniera che non vi possiamo svelare erano stati venduti a costi proibitivi. La Fede non ha prezzo. Soprattutto quella azzurra. Ma nella foga, Marcello non si era accorto di aver venduto pure il suo biglietto e quello di Gianni. Quando se ne rende conto, pensa di avere le stesse possibilità di sopravvivenza che aveva Gasperini sulla panchina dell’Inter, anche perché, per arrotondare, aveva fittato anche la sua scheda di Mediaset premium e quella di Gianni ad alcuni amici. Mentre Gianni indossa maglietta, sciarpa e cappellino del Napoli, Marcello comincia a invocare tutti i Santi che conosce. “San Giorgio a Cremano, ora pro nobis. Sant’Anastasia, ora pro nobis, Santa Maria Capua Vetere, ora pro nobis. San Giovanni a Teduccio, ora pro nobis. San Giuseppe Vesuviano, ora pro nobis. Santa Maria di Castellabbate, ora pro nobis. San Pasquale a Chiaia, ora pro nobis”. Allorquando si è ridotto ad invocare anche San Gemini, San Pellegrino e San Bitter, si compie il miracolo. Gianni riceve un invito da una insospettabile tifosa. Una modella parte nopea e parte turca, che ha da poco aperto un ristorante di cucina internazionale, la cui specialità sono i puparuoli ‘mbuttunati, che imbottisce in centinaia di modi diversi a seconda della nazionalità del cliente. Gianni, riservandosi di uccidere Marcello dopo la partita, pensa che vedere la partita al ristorante “La Turca napoletana” è l’unica valida alternativa. Arrivati sul posto, Gianni e Marcello rimangono stupiti dall’eleganza del locale e dalla clientela assolutamente selezionata. Notano però, non senza uno scaramantico disappunto, che il locale è infestato anche da numerosi juventini e interisti, e addirittura da un simpatico americano che indossa sotto la giacca la canotta dei Los Angeles Lakers.

Gianni sa con certezza che juventini e interisti portano male, è statisticamente e scientificamente provato, ma sull’incidenza astrale dei supporters dei Lakers è invece impreparato. L’americano però è simpaticissimo, parla con uno slang tutto suo, con un’inflessione chiaramente vesuviana. Gianni vorrebbe andare via, ma la gentilezza delle due splendide padrone di casa, che – oltre a illuminare con i loro sorrisi anche gli ospiti in bianco e nero – portano a tavola ogni ben di Dio, fa ritenere ai due amici che in certi casi bisogna sfidare pure la scaramanzia. Mentre Ivana, la titolare del locale, gli offre delle deliziose polpettine di melanzane, Gianni si informa sul limite massimo di decibel al di là del quale sarebbero considerate intollerabili le proprie urla in caso di goal del Napoli. Ivana gli sorride e gli dice che non c’è alcun limite. Gianni la osserva e pensa che neppure alla bellezza c’è un limite. Intanto, l’altra socia, una ragazza francese con un volto che sembra scolpito nella porcellana, si siede accanto a Marcello e gli offre un risotto con gamberetti e zucchine. Marcello viene colto di sorpresa, come i difensori del Villareal all’affondo di Lavezzi sulla destra. La ragazza gli dice il suo nome, ma Marcello è in visibilio, come il pubblico quando il pallone spiove al centro per Marek Hamsik. Quando lo slovacco scaraventa in rete il pallone il piatto di Gianni sorvola lo spazio aereo occupato dagli interisti. Il suo urlo disumano supera di diverse centinaia di migliaia di decibel il limite consentito dalla normativa in materia. Marcello vorrebbe approfittare del momento per esultare abbracciando la francese con il nome da regina che però lui non ha capito, ma è timido. Gianni abbraccia tutti, anche Maurice, l’americano, che urla “yeeeaaaah” come se Kareem Abdul Jabbar (è l’unico giocatore di basket che conosco) avesse fatto una schiacciata spettacolare.

Pochi minuti dopo, Lavezzi vola sull’altra fascia, gli spagnoli provano a mettergli le catene nel naso, ma il Pocho è inarrestabile e bisogna metterlo per forza giù per fermarlo. L’arbitro belga De Blekeere fischia il calcio di rigore. Il San Paolo diventa una polveriera con la miccia corta, pronta ad esplodere di nuovo. Nel locale “La turca napoletana”, juventini e interisti cominciano a discernere sulla eccessiva brevità della rincorsa di Cavani. Gianni ricorre agli scongiuri debiti e soprattutto a quelli indebiti. In quei tre secondi, Cavani porta sulle spalle sei milioni di napoletani e migliaia di seccie assortite. Quando il pallone gonfia la rete, si gonfia contemporaneamente il petto di milioni di malati di azzurrite spastica, che attendevano questa gioia da tempo immemorabile. Gianni avverte i sintomi di un principio di infarto. C’è gente che è morta per molto meno, ma lui è assolutamente certo che quest’anno succederà l’Imponderabile e quindi stringe i denti più di quanto stringano le coronarie. Gianni, dopo aver visto lo sguardo schifato dei non tifosi napoletani presenti nel locale dopo la sua prima esultanza belluina, al secondo goal si contiene, ma il suo pensiero vola allo stadio dove lo speaker quando segna il Napoli urla per tre volte il nome del marcatore, accompagnato dallo stadio intero. La quarta ne scandisce a gran voce le sillabe, e a lui, in quel momento sembra che CA-VA-NI sia un nome scelto apposta per quel tipo di rituale. Dopo la partita, Gianni e Marcello ringraziano le splendide padrone di casa e salutano tutti, anche gli juventini e gli interisti, ma soprattutto Maurice, l’americano, che gli racconta che, purtroppo, per motivi di lavoro dovrà ritornare a Los Angeles. Maurice ha gli occhi lucidi quando dice di essere triste perché va via da Napoli per tornare nella sua Los Angeles.

Gianni pensa a quanta gente dice di voler scappar via da Napoli e gli stringe la mano. D’altronde siamo alleati! Tra napoletani e americani c'è sempre stato un ottimo feeling, anche se in vero, durante la guerra, ce ne siamo venduti parecchi...

Gianni Puca

domenica 25 settembre 2011

Piccoli ultrà crescono di Gianni Puca

IL CIUCCIO CHE VOLA
Piccoli ultrà crescono
di Gianni Puca

“Vincè, a papà”, ripetiamo da capo. Quanti anni hai?”
“Papà, e già l’ho detto trenta volte, quattro anni li faccio domani”.
“Bravo. E se non ti fanno entrare cosa fai?”
“Mi metto a piangere”.
“Bravissimo”.
“Ciro, ma cusa l’è che gli insegni a questa creatura? A sei anni deve già dire bugie?”, protesta la moglie Ambrogia.
“Ma queste sono bugie bianche, anzi azzurre. A te ti sembra giusto che io ho comprato due abbonamenti soprattutto per portare nostro figlio allo stadio, gli ho comprato la maglietta e il pantaloncino del Napoli, lo zainetto del Napoli, sciarpa, cappellino e bandiera, e – dopo l’inizio del campionato - fanno un provvedimento che stabilisce che i bambini che hanno più di quattro anni pagano il biglietto? E come glielo dico a Vincenzo che non può più venire a vedere le partite?”.
“Si, ma si vede che non tiene quattro anni”, replica Ambrogia.
“Mamma, non ti preoccupare, quando arrivo al tornello, mi piego sulle ginocchia, così… E li faccio fessi. Ma poi, se dicono qualcosa, io gli dico… ma ce l’avete il coraggio di non farmi entrare? E metto il musso”. Ai tornelli, gli addetti al controllo dei biglietti si ricordano che anche loro sono stati bambini e della gioia incontenibile che provavano entrando in quello stadio, e pure il Cerbero più burbero scoppia a ridere quando vede Vincenzo che si nasconde dietro il padre, piegato sulle ginocchia. Gli dà una pacca sulla spalla e gli dice: “L’ho fatto prima di te, non mi fai fesso, ma ti faccio entrare perché sei figlio di ‘ntrocchia”. Ambrogia fraintende e accenna una protesta, ma Ciro con lo sguardo la invita a tacere.
Appena Vincenzo prende posto sugli spalti, lo speaker annuncia le formazioni, accompagnato dall’intero stadio che scolpisce i nomi dei calciatori nell’aria. Poi il pubblico comincia a cantare: “chi non salta fiorentino è…” Vincenzo comincia a saltellare insieme al resto dello stadio che vibra come una lavatrice, e dice al papà: “Papà, papà, voglio venire tutte le domeniche. È troppo bello!”
La partita è avvincente, ricca di azioni da goal da entrambe le parti. Quando l’arbitro in pochi minuti nega un rigore netto per un fallo di mano in area di Pasqual e uno per atterramento di Hamsik, sugli spalti in molti fanno osservazioni colorite sulla scarsa propensione alla fedeltà della partner dell’arbitro Valeri. Vincenzo chiede al papà come faccia tutta quella gente a sapere che l’arbitro ha le corna.
Ciro gli spiega che, a differenza dei cervi, degli stambecchi e di Goldrake, gli arbitri hanno corna speciali, che tutti riescono a vedere tranne loro.
Durante la partita sul volto del bambino passano in rassegna tutte le sfumature di emozioni possibili. Ciro trascorre l’intera gara a osservare suo figlio, seduto sulle sue ginocchia, e nota quella stessa espressione felice che aveva anche lui quando da piccolo entrava in quel tempio magico. Prova ad immaginare per un attimo a come sarebbe rimasto il bambino se non lo avessero fatto entrare. Il suo pensiero vola alla sua “prima volta” al San Paolo, quando entrò e vide Maradona che si riscaldava palleggiando con la spalla sotto gli occhi allucinati di Celestini. Si ricorda di un altro pareggio tra Napoli – Fiorentina, all’ultima giornata che regalò il primo scudetto al Napoli e la salvezza ai viola. La partita finisce zero a zero, ma Vincenzo è felice.
Non aveva gli occhi azzurri all’andata, al ritorno sì, e continua a ripetere: “Papà, voglio venire tutte le domeniche. È troppo bello!”
Vincenzo gli sorride, e pensa che la felicità di un bambino non ha prezzo. E in attesa che lo capisca anche chi di dovere, Vincenzo continuerà ad avere quattro anni

lunedì 19 settembre 2011

Implacabile Cavani, ovunquemente Gargano di Gianni Puca

Napoli – Milan, per chi ha vissuto i tempi d’oro di Re Diego, non è una normale partita di calcio, ma è “La Partita”. Ciro, cinquantenne falegname di Ponticelli, in occasione di questa partita, viene colto da forte dissenteria, che lo costringe a rimanere in casa. Per anni, questa sfida non ha avuto lo stesso sapore, grazie ai vari Naldi, Corbelli, Mondonico, Calderon, Prunier e chi ne ha più ne metta, ma l’incubo è finito e il ciuccio ha ricominciato a sognare. Anche oggi qualcuno aveva paura che il Diavolo, oppure l’arbitro, ci mettesse le corna, ma il Matador ha afferrato il Diavolo per le corna. E pure l’arbitro, questa volta, nulla ha potuto. I primi dieci minuti gli azzurri se la vedono nera con i rossoneri, e al 12' il Napoli non ha ancora toccato palla quando Cassano dalla destra crossa al centro per Aquilani, che in tuffo realizza forse il suo primo goal di testa in carriera. Ciro comincia ad accusare una forte e pericolosa tensione. 14' Ma l’esultanza rimane in gola ai poveri tifosi rossoneri accorsi al San Paolo. Dopo appena un minuto, punizione dalla destra di Lavezzi, Maggio questa volta serve un assist a Cavani dall’ascensore e l’Implacabile, al volo, tira un missile terra terra, che passa tra le gambe del portiere Abbiati. Gli imprecisabili del San Paolo riprendono a cantare “chi non salta rossonero è…” e i movimenti sussultori dello stadio, provocati dalla sismica esultanza partenopea fanno saltare, per inerzia, anche gli stessi rossoneri. I sismografi individuano l’epicentro nel settore distinti superiori, dove un mastodontico tifoso di duecentocinquantotto chili, che aveva ingoiato almeno trentasei abbonati, ogni volta che saltella mette a repentaglio la stabilità dell’impianto e l’incolumità del pubblico. Al 36' L’ovunquemente Gargano parte in contropiede, percorre una cinquantina di metri palla al piede, i settantamila e rotti del San Paolo, durante quella cavalcata infinita, sono divisi in tre scuole di pensiero. Il 33% urla “Al Pochoooo, Al Pochoooo”, lanciato verso la porta, un altro 33% suggerisce a gran voce: “passala ad Hamsìk”, con l’accento napoletano sulla “i”, l’ultimo 33% “consiglia” di passarla a Cavani, che pure si era smarcato sulla destra. Un prudente 1%, invece, assiepato nei distinti superiori, trema al solo pensiero che il Napoli possa segnare di nuovo, e – sebbene a malincuore - si accontenterebbe anche di un pari, pur di non veder crollare lo stadio a causa dei saltelli di Tommaso, detto “Ippo”. Ma Gargano, con l’ultima goccia di energia che gli rimane, incurante del pericolo per la pubblica incolumità dei suoi tifosi, serve sulla destra Cavani, che – come spesso accade – non stoppa il pallone, ma tira di prima, da qualsiasi posizione. Quando intuisco che Abbiati non ci può arrivare chiudo gli occhi e mi affido al Destino e alla balistica. Per fortuna, dopo un secondo atterro in braccio a Ippo Tommaso, che stava sei gradinate più sotto. Ciro, intanto, stringe le gambe e sembra più tranquillo. Lo stadio comincia a saltare e a cantare di nuovo. Nel settore ospiti, scoppiano dei tafferugli, perché alcuni ultrà scambiano per infiltrati i tifosi rossoneri che saltellano insieme ai napoletani a causa della forza d’urto impressionante. Al 39' Aquilani si trova solo davanti a San Gennaro e calcia a botta sicura, ma il santo travestito da portiere, incazzato nero con il Governo che vuole cancellargli la festa, respinge alla Garella. Sant’Ambrogio va da Berlusconi e gli suggerisce di evitare di far coincidere ogni anno la festa di San Gennaro con la domenica, perché si potrebbe falsare il campionato. Galliani, in tribuna indossa la maschera delle grandi sconfitte e guarda Tagliavento. L’arbitro alza le spalle in segno do resa, come per dirgli “questa sera non posso fare niente manco io”. Ciro teme il peggio, ma nell’intervallo beve un tè e stringe i denti. Inizia il secondo tempo. Lavezzi – nonostante il dolore alla caviglia – non è voluto mancare alla sfida che gli era stata preclusa l’anno scorso dai giudici antisportivi e, dalla destra, mette al centro un pallone velenoso, respinto corto da Nesta. Cavani, come sempre, non pensa minimamente ad aggiustarsi il pallone e il povero Abbiati, ancora una volta, conta un solo nanosecondo tra l’impatto del pallone con il piede dell’uruguaiano e il boato del pubblico. Lo spostamento d’aria fa la fila in mezzo al portierone rossonero. L’ormai celebre urlo di guerra di un noto cronista partenopeo dovrebbe essere sostituito quando tira Cavani. Non più “Si gonfia la rete” dovrebbe gridare ma “Si sfonda la rete”, che molto meglio si attaglia alla fattispecie. E ai telecronisti tifosi vorrei regalare, senza nessuna pretesa sui diritti d’autore, due nuovi vezzeggiativi per due campioni che oggi hanno fatto la differenza: “Ovunquemente”, che perfettamente sintetizza la incredibile capacità ubiqua del nostro ritrovato mediano tascabile e “l’Implacabile”, che meglio di qualsiasi altro aggettivo descrive questo Atleta, che quando dopo le prime quattro gare dello scorso campionato scrissi che era destinato a diventare più forte di Careca mi tacciarono di blasfemia. Intanto, la gioia di Ciro è diventata… incontenibile e la sua esultanza ha un retrogusto e soprattutto un retroprofumo strano. La partita è stata lunga, lunghissima, ma tutto il resto è Gioia! E, come dice la canzone di Jovanotti, adottata dallo stadio San Paolo “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang siamo Noi”.

Ricominciamo da TRE !!!!

Dedicato A tutti i GENNARO ed al Miracolo ricevuto ieri !





domenica 18 settembre 2011

Notte di Sogni, di Coppe e di Campioni di Gianni Puca

IL CIUCCIO CHE VOLA
Notte di Sogni, di Coppe e di Campioni
di Gianni Puca

Mercoledì sera a Napoli si respira un’atmosfera surreale. La città ha il fiato sospeso e i battiti accelerati come uno studente all’esame di stato. A Napoli, il mercoledì è cominciato domenica sera, subito dopo la partita con il Cesena. Tre giorni che sembrano ventuno anni. Tre giorni che sono ventuno anni.
La vita di Gaetano, carpentiere di Frattamaggiore, trent’anni da ventuno anni, si era fermata a Mosca, dopo l’errore dal dischetto del più Grande. Lui era lì, sotto la neve quella notte in cui il Napoli di Maradona fece la sua ultima apparizione in Coppa dei Campioni, e il freddo e il dolore lo avevano paralizzato. Da allora non aveva più proferito parola e una smorfia di sofferenza era rimasta scolpita sul suo volto, con il labbro inferiore tutto spostato verso destra e quello superiore verso sinistra.
Dall’alba di mercoledì fino alle venti, in tutte le auto di Napoli, da Posillipo a Secondigliano, si ascolta a palla “Zadok the priest” (che secondo alcuni significa "Forza Napoli"), il singolo di Handel più venduto. Un noto intellettuale partenopeo si è masterizzato addirittura i greatest hits del noto compositore tedesco, ma è dalla partita con l’Inter di maggio che cammina a tre metri da terra canticchiando tutti i giorni “Die Meister, die Besten, les meilleurs equipes, the champioooooons”. La gente all’inizio lo guardava e pensava avesse un accenno di Alzheimer, ma ora sono tutti pazzi per quella musichetta. Alle 20.30 le strade di Napoli sono completamente vuote. Anche Gaetano è davanti alla tv, anche se, apparentemente, non si rende conto di ciò che accade intorno a lui.
Il Napoli dei bilanci in regola sfida gli sceicchi, i nuovi paperoni del calcio mondiale, che hanno speso trecento milioni di euro per costruire una squadra di mostri, che però non ci fa paura. Aguero, Dzeko, Tevez, Silva, Tourè, Nasri, non ci fanno paura. Di più! Ci sarebbe pure Balotelli, ma stasera è in tribuna. Ma è con il coraggio della paura che il Napoli affronta questo girone di Champions terrificante, che oltre al Manchester City, vede anche il Bayern di Robben e Ribery e il Villareal di Giuseppe Rossi e Nilmar.
Ma questa partita non si può perdere. Chi glielo dice a tutta quella gente che ha trasformato Manchester in un quartiere di Napoli che questa partita, in teoria, si potrebbe pure perdere? Sugli spalti c’è un numero indefinibile di napoletani, che può variare dai tremila ai diecimila (se si contano i mimetizzati), che hanno speso uno stipendio intero (proprio o di qualche sventurato che lo aveva appena ritirato in banca) per essere presenti a questo appuntamento con la storia. Un appuntamento al quale il ciuccio si presenta più elegante che mai, con lo smoking e un bellissimo paio d’ali.
Quando i calciatori si schierano a centrocampo e nello stadio la prima nota dell’inno di Handel si leva nell’aire, nel settore ospiti appare lo spirito di Diego Armando Maradona, con indosso un mantello azzurro e la maglia nuova del Napoli, color antracite con richiami in oro. San Gennaro, appollaiato su un riflettore, si scioglie il sangue nelle vene e si commuove. Quando il bisteccone svedese fischia l’inizio della partita, una lacrima scende miracolosamente dagli occhi di Gaetano e battezza la maglia nuova della Champions.
Io la partita ve la potrei anche raccontare tutta, anche perché è stata spettacolare come poche partite alle quali ho assistito in vita mia. Partita combattutissima, con Gargano e Inler che sembravano due gladiatori, che hanno domato belve feroci, delle quali il solo Tourè pesava quanto lo svizzero, l’uruguaiano e le rispettive famiglie; con Campagnaro e Cannavaro travestiti da contraeree, che hanno intercettato tutti i caccia bombardieri inglesi che si sono alternati in campo. Una partita in cui abbiamo dimostrato che neppure tecnicamente siamo inferiori alla squadra inglese che per un solo attaccante ha speso quanto Hamsik, Cavani e Lavezzi, che quando ha colpito la traversa ha fatto saltare il turbante allo sceicco. Con Zuniga, che con un dribbling superalcoolico ha ubriacato la difesa inglese, servendo un assist per Hamsik, il cui tiro - respinto sulla linea da Frankestein jr- ha provocato sei milioni di bestemmie diverse, iniziate all'unisono, ma alcune delle quali ancora in corso...
Ma la partita si può sintetizzare in un’azione sola, iniziata in un imprecisato minuto del secondo tempo di una partita senza tempo. Gokhan Inler, con un tackle in cui si concentrava la grinta di tutto il popolo napoletano, sradica letteralmente il pallone dai piedi di un vatusso inglese lanciato a rete; in quel momento a Christian Maggio appaiono Richard Trevithick e George Stephenson e parte come un treno spinto da sei milioni di napoletani. Il treno azzurro sfonda tutti i passaggi a livello. Lo spostamento d’aria strappa la parrucca dal capoccione di Mancini e la fa atterrare sulla pelata di Attilio Lombardo.
Il povero Gaetano, intubato ma quanto mai cosciente, si sente come se fosse il macchinista di quel treno inarrestabile. Allunga le mani in avanti e stringe i pugni. È gasato come una cassa di coca cola. Intorno a lui, nessuno dei presenti si accorge del miracolo. Maggio, giunto al limite dell’area, sembra aver finito il carburante, ma in realtà potrebbe continuare a correre fino a Napoli. Tutti gli gridano “Passalaaaaa, passalaaaa”, perché Cavani sulla destra è smarcato. Anche Gaetano, a modo suo, gli grida “Passalaaa”, ma nessuno può sentirlo, a parte Maggio, che passa la palla a Cavani.
Quando Cavani si ritrova da solo davanti al portiere, il volto esangue di Gaetano riprende colore e gli occhi slavati ritornano azzurri. San Gennaro, sugli spalti, pensa che anche se mancano ancora quattro giorni, il miracolo ormai lo può fare quando gli pare, visto che il Governo gli ha cancellato la festa dal calendario. A causa della lieve differita di immagini tra Rai, Mediaset e Sky, partono tre distinti boati, che i sismologhi inizialmente riconducono ad un’eruzione sincronizzata del Vesuvio, del Mauna Loa e dell’Eyjafjallajökul.
Nel momento in cui il tiro di Cavani passa sotto le gambe del portiere inglese, prima ancora che la palla entri in rete, lo spirito di Marco Tardelli si impossessa di Gaetano, che salta dalla sedia a rotelle e corre fuori al balcone urlando: “Gooooal” “Gooooal” “Gooooal”. Gaetano si risveglia dal coma per urlare una gioia repressa per ventuno interminabili anni, scavalca la ringhiera con un salto da olio cuore e continua a correre per tutto il giardino, urlando come un forsennato, spaventando anche il doberman che si arrampica su un albero.
Poi, su una punizione inesistente, la barriera si apre in maniera sconsiderata, e il pallone – spostato da Aguero di qualche metro più avanti proprio sulla mattonella preferita di Kolarov - finisce in fondo al sacco. Ma il pareggio degli inglesi non riesce a scalfire l’entusiasmo dei napoletani, che hanno visto la loro squadra insegnare calcio a chi il calcio lo ha inventato, grazie ad una perfetta impostazione della partita da parte di Mazzarri e ad un'eccellente interpretazione della stessa da parte dei quattordici leoni scesi in campo.
E ora Gaetano e tutti gli altri malati di azzurrite spastica riprendendo il sogno da lì dove era stato spezzato.

domenica 11 settembre 2011

Il Ruggito del Ciuccio - di Gianni Puca

Dopo una settimana di sciopero pagato, inizia finalmente il campionato. Il Napoli si presenta a Cesena col timore del campo in erba sintetica. In curva, un giovane tifoso che assume di averne fatto diverse volte uso, rassicura tutti: “l’erba sintetica non fa male”.
Mazzarri tiene a riposo Hamsik, in vista della sfida stellare di Manchester, e deve rinunciare a Cavani, invitato al battesimo di un nipote di Tabarez. Inizia la partita.
1’ Benalouane, difensore a lungo seguito dalla Juventus per raccogliere l’eredità di Legrottaglie e Boumsong, sfiora il goal di testa.
2’ Fallo laterale per il Napoli, lancio di trenta metri di Campagnaro con le mani, i difensori romagnoli, che stavano ballando il liscio sulle note di Raul Casadei, vengono sorpresi da Lavezzi che frigge Fravaglia, all’esordio in serie A. Il tifoso in erba sta ancora arrotolando lo spinello e il Napoli è già in vantaggio. Il divano nuovo della curva Puca non regge al peso della gioia degli scalmanati abbonati.
5’ Contropiede micidiale di Lavezzi atterrato al limite dell’area. I settemila tifosi partenopei presenti al Manuzzi tremano. Ma Gargano è squalificato, e in ogni caso, De Laurentiis lo ha confermato solo a condizione che giurasse sui puffi che non tirerà mai più un calcio di punizione.
16’ Cambio di campo di Campagnaro, Medioman - dall’altro lato – tenta lo stop sotto gli occhi di migliaia di tifosi azzurri, che si chiedono come sia possibile che a Napoli esista ancora la disoccupazione. Se l’anonima sequestri o anche la banda Bassotti rapisse Medioman quest’anno, a Napoli, potrebbe succedere l’Imponderabile.
20’ Azione spettacolare del Napoli, Inler apre per Dossena che crossa per Maggio. Il piattone al volo finisce fuori, ma un centrocampo così forte a Napoli non lo vedevamo dai tempi d’oro.
24’ Mutu apre per Eder sulla destra, finta su Medioman, pallone al centro per Guana, che anticipa Cannavaro. E qui è necessario aprire una parentesi: Roberto Guana, fino al 23’ minuto di questa partita, aveva realizzato tra serie A e serie B la media di 1 goal ogni 116,5 partite. Se si considera che lo stesso ha giocato quattordici campionati professionistici, il suo score è di un goal ogni sette anni! Media goal a partita che si attesta intorno al goal ogni 1.545,6 periodico, se aggiungiamo le partite all’oratorio e i tornei tra Bar. Il goal di Guana era bancato 15000 a 1! Un suo zio di Brescia, infatti, giocando 5,00 euro ha guadagnato ben 75.000 euro.
35’ Lavezzi crea e distrugge. Parte da Reggio Emilia, dribbla mezzo Cesena, triangola con Santana e, solo davanti a Fravaglia, riesce a calciare fuori, lasciando incredulo lo stesso pallone.
44’ Tiro al volo di Candreva parato da De Sanctis, che era al telefono con Tommasi, convinto che lo sciopero fosse stato prorogato.
53’ Martinez, a bordo campo, si riscalda sulla bici di Santacroce.
54’ Benalouane batte il record di Pazienza e riesce a collezionare due ammonizioni in 78 secondi e 19 centesimi. Espulso giustamente dall’arbitro Bergonzoni, che subito dopo però si inventa un’ammonizione per Lavezzi e una per Cannavaro. La seconda per un doppio carpiato con triplo avvitamento di Candreva.
66’ Hamsik, entrato da poco al posto di Santana - che a dispetto del nome è tra le poche note stonate della partita - serve un assist perfetto a Campagnaro, che riporta il Napoli in vantaggio. Un goal che certamente non gli farà dimenticare la grave tragedia vissuta quest’estate, ma che ci restituisce uno straordinario professionista.
67’ Inler, che non ha ancora sbagliato un passaggio, ci prova da fuori area.
71’ Missile terra area di Hamsik che brucia i guantoni di Fravaglia, che respinge.
75’ È ufficiale: Inler è un Mostro, sradica il pallone dai piedi degli avversari e imposta come fosse una cosa sola. Lo svizzero ha trasformato la squadra, ora corre il pallone e gli attaccanti faticano di meno.
76’ Martinez sta per vincere il primo Giro della Padania. Miss Padania e Maroni lo aspettano al traguardo per baciarlo, ma l’uruguagio appena vede il ministro leghista, che gli sta sugli omonimi, se ne torna in retromarcia a Cesena.
84’ Maggio supera in velocità Husain Bolt e un difensore cesenate, mette il pallone al centro per Pandev, che ha evidentemente frainteso le parole di Mazzarri quando diceva che voleva una squadra che giocasse come il Barcellona, ossia “a occhi chiusi”. La traversa, stamattina, è ancora lì che ride.
86’ Batti e ribatti in area romagnola, Marek Hamsik calcia al volo un pallone che qualsiasi giocatore normale stopperebbe. Cinque minuti dopo aver sfondato la rete siglando il 3 a 1 per il Napoli, il pallone - scagliato dallo slovacco con una potenza inaudita - viene fotografato da un autovelox di Mugello del Barberino.
90’ de Laurentiis manda un sms a Pandev dicendogli che se sbaglia un altro goal così gli fa fare il film di Natale insieme a Massimo Boldi.
Bergonzi fischia dopo quattro minuti di recupero. Il Milan è a meno due e domenica sera farà visita al Napoli che, vincendo, potrebbe chiudere il campionato con qualche giornata di anticipo. Scherzi a parte, quando rientrerà in campo anche Cavani, che oggi ha goduto di un meritato turno di riposo dopo i 33 goal dello scorso campionato, e se si riuscirà a colmare la falla sulla sinistra, magari spostandovi Campagnaro e inserendo Fernandez a destra, ci sarà da divertirsi, soprattutto se Mazzarri dimostrerà il coraggio che ha avuto oggi, schierando nell’ultima mezz’ora una squadra arrembante, ma allo stesso tempo equilibrata.
Alla notizia che a mezzanotte circa il pallone calciato da Hamsik in occasione del goal è stato ritrovato a Caianiello, al vice di Roberto Mancini, Attilio Lombardo, gli si sono drizzati i bulbi in testa e stamane si è svegliato con un acconciatura alla Mergie Simpson!

domenica 22 maggio 2011

La Partita infinita Juve - Napoli di Gianni Puca

La Partita infinita
di Gianni Puca,pubblicato su pensieroazzurro.com

Juve - Napoli
Tratta dal libro "L'eleganza del ciuccio". Di Gianni Puca. Boopen Led edizioni

“Papà, papà, voglio ‘a maglietta, voglio ‘a maglietta”, grida Gennarino, tirando il padre verso una bancarella. “Certo, bello ‘a papà, quale vuoi?”, risponde Giovanni ricordando la prima maglietta che suo padre gli regalò quando aveva anche lui cinque anni. “Quella, papà, voglio quella”. L’uomo, devastato come un dongiovanni che scopre di avere un figlio gay, cerca di mantenere la calma. “È ancora piccolo…”, pensa tra sé, e cerca di riportarlo sulla retta via: ““No, ‘a papà, quella è cacca…”! “No, voglio quella, voglio quella”, insiste Gennarino, puntando i piedi a terra. “Quella mammà me lo diceva sempre che non mi dovevo sposare con una straniera, e tra l’altro di Torino”, pensa Giovanni. “Ma che devi fare ‘a papà con questa maglietta? È tutta bianca e nera… Vedi questa quant’è bella, tutta azzurra”! Ma il bambino continua a piangere e insiste. Giovanni, a malincuore, per la prima volta in cinque anni, pensa che i bambini non debbono averla sempre vinta e che quando chiedono cose assurde bisogna pure farli piangere!
Con il cuore in lacrime, Giovanni porta Gennarino dal nonno e gli racconta l’accaduto. Il povero padre non riesce a darsi pace: “Non è possibile, non è possibile, perché proprio a me? Un figlio juventino no! Questa disgrazia non doveva capitare proprio a me. E non dirmi che ci sono cose peggiori nella vita, papà. Lo sai pure tu che non è vero. Non c’è niente di peggio per un napoletano che avere un figlio juventino”. “E vabè, ‘a papà, chillo è piccerillo ancora, nun te preoccupa’, io sono sicuro che crescendo guarisce”, cerca di rassicurarlo il nonno, asciugando la tristezza che scorre a fiumi dai suoi occhi. Nonno Gennaro invita il nipotino a sedersi vicino a lui sul divano. “Gennarì, bello d’’o nonno, mò ti racconto una storia, te ne ho raccontate tante da quando sei nato, ma questa è la favola più bella che io ti racconterò. C’era una volta Diego Armando Maradona…”.
Gennarino, solo a sentire questo nome, chiude gli occhi e comincia a sognare. Quel nome fa lo stesso effetto anche al papà e al nonno. Per i napoletani di qualsiasi generazione, Maradona è sinonimo di Sogno, e tutti e tre i rappresentanti di tre diverse generazioni, si ritrovano uno in braccio all’altro sul divano azzurro, e vengono rapiti dallo stesso Sogno, che è per metà in bianco e nero e per metà tutto azzurro! In verità, più che un sogno, all’inizio sembra un incubo. Tutto comincia con un pallone che scende dall’alto dell’inferno e cade lentamente in prossimità di uno dei calciatori più scarsi della storia del calcio. Uno che in vita sua non aveva mai segnato neppure a biliardino e a subbuteo. Ma nei sogni e negli incubi possono accadere anche cose scientificamente inspiegabili, e così Pasquale Bruno, un terzino con i piedi montati al contrario, calcia a volo da distanza siderale e fredda il cuore di tutti i sognatori azzurri che si erano sintonizzati sulle frequenze di quel sogno. La Juve, come spesso purtroppo accade nella realtà, anche nel sogno passa in vantaggio. Gennarino esulta. Il papà e il nonno sono disperati sia per il vantaggio del nemico, sia perché stanno allevando un piccolo juventino in famiglia.
Sugli sviluppi di un calcio d’angolo, nell’area juventina, ciascun difensore bianconero commette fallo su un napoletano. L’arbitro, scorge in tribuna l’avvenente moglie di Furino ed emette un fischio di approvazione. Tutti pensano abbia concesso il calcio di rigore. Nel mentre l’arbitro è ancora distratto, l’oriundo Altafini, costoso acquisto del Napoli, dagli undici metri ristabilisce la parità. I tifosi napoletani non riescono manco ad esultare, perché non riescono a credere che abbiano assegnato un rigore al Napoli a Torino.
L’arbitro si rende conto di averla fatta grossa e corre in bagno. Moggi lo chiude a chiavi nello spogliatoio e manda in campo al suo posto Marchionne, un dirigente della Fiat in cassa integrazione. Appena entrato in campo, la giacchetta bianconera assegna un calcio di rigore alla Juve, per un fallo di Caricola su Juliano a centrocampo. Lo stesso arbitro trasforma dal dischetto.
Dopo pochi minuti, l’arbitro abusivo assegna un rigore alla Juve per un presunto fallo di mano di Garella, che notoriamente mai nella sua carriera ha toccato un pallone con le mani e se pure fosse, almeno da distinta risulta un portiere. L’arbitro, dopo aver messo a segno la doppietta, si toglie la maglia e corre sotto la curva ad esultare. Sotto la giacchetta bianconera esce una tuta da metalmeccanico con su scritta una dedica per il suo datore di lavoro. “FIAT VOLUNTAS TUA!”. Il guardalinee lo ammonisce. Sivori, che - prima di passare al Napoli - per anni ha assistito dall’interno a certe dinamiche, va sotto la tribuna e rivolge un gesto eloquente al suo ex Presidente, strofinando i polpastrelli del pollice con quello del dito medio della mano sinistra. L’arbitro lo espelle e fischia la fine del primo tempo.
Nell’intervallo, Altafini viene clamorosamente ceduto alla Juve e cambia maglia durante la stessa partita. Il traditore, considerata l’età avanzata e il freddo pungente, indossa la maglia numero 71 bianconera su quella azzurra e si accomoda in panchina accanto al braciere.
Nelle file del Napoli, che è in inferiorità numerica non solo per l’espulsione di Sivori, si riscalda un altro campione argentino. Diego Armando Maradona, durante l’intervallo comincia a palleggiare con qualsiasi cosa. Comincia con palloni, limoni e arance, passando poi a palleggiare con barattoli di aranciata e di lemonsoda. Uno potrebbe pensare: “Vabè, in un sogno tutto è possibile”. Ma il fatto è che nella realtà, Lui riesce a fare ciò che neppure nei sogni si riesce a fare”!
Sugli spalti, intanto, uno sparuto gruppo di esagitati tifosi bianconeri si avvicina al settore ospiti, in cui ci sono sei milioni di malati, e cominciano ad inveire in juventino stretto. A capo degli scalmanati, vi è un giovane dal fisico curvilineo, il volto cereo, gli occhi spiritati e con pochi capelli nerissimi inutilmente sparsi sulla testa. Gianlapo, detto il gobbo, cerca di fronteggiare l’incontenibile tifo azzurro. Lui che, anche grazie a certificati medici falsi, non ha svolto il servizio militare, compone la canzone “Il riformato innamorato”, e subito dopo tutta la curva bianconera la adotta come inno juventino. Al di là della recinzione, Palummella - capo storico del tifo azzurro – organizza delle originalissime coreografie, e spostando di posto i tifosi che indossano maglie azzurre e bianche, compone uno striscione umano, che recita: “Meglio un giorno da leoni che cento da Agnelli”. Gianlapo, per darsi un tono, mastica un chewingum al lipopill e creatina. I napoletani creano nuove colorate coreografie, sventolando nell’aire i termos pieni di cibo e di sogni altrettanto caldi. Intanto le squadre rientrano in campo. La strada del Ciuccio è in salita e appare disperata, ma i napoletani, da sempre, hanno creduto che prima o poi il Ciuccio avrebbe imparato a volare.
All’inizio del secondo tempo, l’arbitro – che negli spogliatoi ha visto la moviola e si è reso conto delle proprie scandalose decisioni – a titolo di contentino assegna un calcio di punizione in area a favore del Napoli. Ma, per evitare problemi, schiera la barriera bianconera a cinque metri dal punto di battuta. Bruscolotti protesta con l’arbitro, sarebbe tentato di mettergli una bomba sotto la Ritmo. Ma Maradona, al quale aveva ceduto signorilmente la fascia di capitano, lo tranquillizza e gli dice: “Tanto lo segno lo stesso”. Secondo gli esperti di balistica, quel pallone aveva le stesse possibilità di entrare in porta che avrebbe il Monte Bianco di entrare nello sgabuzzino di Maometto. Ma anche la balistica è un opinione quando si ha a che fare con la Fantascienza. E così Maradona, prende una rincorsa breve, calcia praticamente con il tallone, e quel tiro sinistro del metafisico argentino scavalca ogni principio della fisica e si infila sotto la traversa, con il palo che abbraccia il portiere per rincuorarlo.
L’arbitro assegna un corner al Napoli. Tra nebbia e fumogeni, dalla bandierina spiove al centro una speranza. In area tutto è avvolto dalla foschia, solo una maglia azzurra numero nove si distingue tra le sagome e la speranza scende lentamente nella sua direzione. In quell’attimo eterno, la maglia azzurra ripercorre anni di schiaffi presi dal nemico più odiato, di calci presi nel sedere, di urla di gioia soffocate in gola. E pensa che quella speranza deve essere indirizzata al suo posto. All’incrocio dei pali. Sa bene che se fa qualsiasi cosa diversa dal calciare al volo, la speranza si perderà nella nebbia. E così chiude gli occhi, anche se non ce ne sarebbe bisogno, e calcia al volo, con tutta la forza che ha. Il pallone, nel momento in cui sfonda la porta bianconera, emette un suono inconfondibile, e anche se la maggior parte dei tifosi napoletani neppure vede cosa accade, lo sente, e così il popolo azzurro sente che l’ora della Liberazione dal nemico è vicina.
Il novantesimo è quasi alle porte quando Careca comincia a palleggiare in faccia agli avversari a centrocampo e serve Romano che lo lancia in contropiede. Careca supera sullo scatto Manfredonia, Galia, Cuccureddu e Andrade, scavalca Tacconi con un pallonetto, ma il maledetto Brio respinge sulla linea. Ma Careca stoppa di petto e con una bomba fa saltare in area la supponenza bianconera! Il Napoli sarebbe in vantaggio, ma l’arbitro dimentica di annotare il goal di Careca sul cartellino, e quello che conta è il referto arbitrale, che sicuramente sarà oggetto di discussione su tutti i giornali così come il referto medico dell’arbitro stesso, che adotta l’ennesima decisione ortopedicamente sconveniente.
A bordo campo, si riscaldano i due traditori storici: Altafini e Quagliarella. Il secondo inciampa in una bestemmia e viene trasportato all’ospedale Incurabili. Entra Altafini, che giusto il tempo che la badante lo accompagni nell’area partenopea e, con un tocco ingrato come il suo cuore, spezza quello dei napoletani, che in tempo reale gli dedicano una canzone amara come il tradimento più doloroso. Se vi tradisce vostra moglie, pazienza, uno se ne fa una ragione e si trova un’altra donna. Ma essere traditi dal centravanti che avete tanto amato è infinitamente più doloroso! Mai nella storia del tifo napoletano, i partenopei sono stati così tristi. Quella canzone, core ‘ngrato, condensa in pochi versi il dolore dell’intero popolo napoletano: “Core ‘ngrato, t’haje pigliato ‘a vita mia…”, dice la parte più toccante della canzone. E il sogno principale della vita del 99,9% dei napoletani è quello di vedere uno scudetto della propria squadra del cuore. Molti sono morti senza aver mai assaporato quella Gioia, o almeno così crediamo, sebbene una secca smentita è apparsa sulle mura dei cimiteri cittadini.
L’arbitro prova a decretare la fine della partita, ma Salvatore Bagni lo ferma in tackle facendogli perdere il fischietto nella nebbia.
La partita prosegue all’infinito. Se fosse in azione un cronometro, saremmo certamente oltre il secondo tempo supplementare quando Careca si invola sulla destra trascinandosi dietro schiere di terzini bianconeri impotenti. Tutti guardano l’arbitro, che ancora è alla ricerca del fischietto perduto. Prova a fischiare senza, portandosi pollice e indice alla bocca alla Trapattoni, ma non lo sente nessuno. Il pallone piove al centro, centinaia di maglie bianconere provano ad affossare le antagoniste maglie azzurre. Ma Alessandro Renica, un difensore che in un’altra vita è stato senz’altro un fenicottero, si libra nell’aire e con una capocciata provvidenziale impatta il pallone, che rimbalza davanti al portiere e lo scavalca andandosi ad infilare in rete, spinto dall’urlo di milioni di increduli tifosi azzurri. Gianlapo, intanto, dopo aver ingurgitato un pacchetto di zigulì al gusto di E.P.O. (che sarebbe un acronimo che sta per Elah al gusto di Patate e Ossobuco) viene colto da malore e trasportato d’urgenza all’ospedale “Qui in genere si crepa”, dove gli viene diagnosticata la cosiddetta “sindrome di Alocriga” che lo fa correre anche mentre dorme fin quando la dose fa effetto, facendolo stramazzare successivamente al suolo.
L’arbitro concede qualche attimo di recupero supplementare, certo che la Juve possa riportarsi in vantaggio. Ma è il Napoli ad avere ancora più energie, grazie anche alla straordinaria preparazione atletica effettuata dal preparatore Pondrelli. Ed ecco che Lavezzi lancia in contropiede Datolo, l’ottavo nano creato da Walt Disney solo per quella singola pagina della favola. L’argentino vola sulla sinistra, superando in successione Gentile, Favero, Thuram, Kohler, Boumsong e Grygera, crossa al centro per il puntuale intervento di un difensore juventino, che serve un assist perfetto per Marek Hamsik, nato come per magia da un caloroso abbraccio tra Salvatore Bagni e Ciccio Romano. Lo slovacco con un tiro preciso come uno schiaffo in pieno volto, capovolge in maniera definitiva anni di storia.
Cavani, che intanto era stato espulso per essersi complimentato con l’arbitro per la giacchetta bianconera, lancia un urlo bestiale dalla tribuna. Presidente, allenatore, giocatori e tifosi diventano un solo urlo!
Intanto la banda di Fuorigrotta fa il giro di campo, camminando a passo di marcia sui resti bianconeri, e in mondovisione suona la musichetta della Champions!
Intanto il papà e il nonno di Gennarino si svegliano. Il bambino sogna ancora, ma nel sonno canta: “Olè olè olè olè… Pochoooo… Pochoooo”.
Il papà e il nonno si abbracciano, piangendo di gioia.
Il bambino è guarito!