lunedì 21 novembre 2011

Napoli-Marchetti 0-0 di Gianni Puca

“Diego, vogliamo andare… alle giostre stasera?”, chiede Gianni al nipotino di sei anni, facendogli l’occhiolino. “Ahò, zio, non ti far sentire da babbo che mi chiami così. Lo sai che se ‘ncazza quando mi chiami Diego”, replica a bassa voce il bambino. “E ma io non ce la faccio a chiamarti Francesco, è più forte di me. Ti raccomando, mettiti la maglietta del Pocho che ti ho regalato e mettiti il maglione sopra, sennò chi la sente tua madre! Ma tu guarda che disgrazia, non bastava una sorella milanista, no… pure un cognato romanista mi doveva capitare. Ma almeno questa povera creatura innocente la debbo salvare. I milanisti si debbono estinguere e pure i romanisti”. “Ma contro chi giochiamo stasera?”, chiede il bambino mentre parcheggiano a metà strada tra l’Edenlandia e lo stadio San Paolo. “Con la Lazio. Ti sono piaciuti i dvd di Maradona che ti ho regalato al compleanno?” “Sì, ma li ho dovuti vedere a casa di nonno Gennaro, li tengo nascosti lì. Nun sia maje mi vede babbo mi manda all’asilo dalle suore”. “E tu non farglieli vedere. Anche i cristiani sono stati perseguitati dai romani. Ma la Fede è Fede, e quella azzurra non si può sconfessare. Tu sei nato a Napoli, sebbene da padre romanista e madre milanista, e quindi hai sangue azzurro che ti scorre nelle vene. E sei nato lo stesso giorno di Marek Hamsik”. Il primo tempo scorre via lento e sonnacchioso. Il risultato è ancorato sullo zero a zero; Gianni guarda il nipote e, sconsolato esclama: “Eh, si sente la mancanza di Britos”! Nel secondo tempo Reja, passa dall’8-1-1 al 10-0-0. Oronzò Canà, in tribuna, prende appunti per il prossimo film e un’illuminazione lo coglie improvvisamente: anche la sua Longobarda giocherà con la trizona, con Crisantemo unica punta e Speroni e Aristoteles terzini di fascia. Nel secondo tempo, la partita sembra una partita di squash tra Lavezzi e Marchetti, dove il portiere laziale fa la parte del muro. Diego, anche se ha solo sei anni, ha già quattro anni di militanza in curva B e nella curva romanista, quindi ha assimilato un vasto campionario di imprecazioni napoletane e romane. Al tiro di Lavezzi al 94’, dopo la parata surreale di Marchetti. crea una mala parola che è una perfetta sintesi tra le culture dei due popoli, entrambi nemici dei laziali. Al momento del goal annullato da Rizzoli a Cavani, il bambino, incuriosito dalle urla dei tifosi, chiede allo zio cosa vuol dire che l’arbitro tiene le corna. Gianni gli spiega che gli arbitri, per natura, nascono con delle protuberanze ossee, come gli stambecchi, i cervi, i cosmoceratopi. A differenza di questi ultimi, che hanno quindici appendici ossee, gli arbitri ne hanno due. Il bambino lo guarda smarrito. Lo zio intuisce di aver utilizzato dei termini troppo scientifici e sintetizza e semplifica il concetto: “Diego, mò sei troppo piccolo per capire, ma se da grande incontrerai una donna di non irreprensibili costumi morali, stai ben sicuro che il marito fa l’arbitro”.

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