lunedì 19 settembre 2011

Implacabile Cavani, ovunquemente Gargano di Gianni Puca

Napoli – Milan, per chi ha vissuto i tempi d’oro di Re Diego, non è una normale partita di calcio, ma è “La Partita”. Ciro, cinquantenne falegname di Ponticelli, in occasione di questa partita, viene colto da forte dissenteria, che lo costringe a rimanere in casa. Per anni, questa sfida non ha avuto lo stesso sapore, grazie ai vari Naldi, Corbelli, Mondonico, Calderon, Prunier e chi ne ha più ne metta, ma l’incubo è finito e il ciuccio ha ricominciato a sognare. Anche oggi qualcuno aveva paura che il Diavolo, oppure l’arbitro, ci mettesse le corna, ma il Matador ha afferrato il Diavolo per le corna. E pure l’arbitro, questa volta, nulla ha potuto. I primi dieci minuti gli azzurri se la vedono nera con i rossoneri, e al 12' il Napoli non ha ancora toccato palla quando Cassano dalla destra crossa al centro per Aquilani, che in tuffo realizza forse il suo primo goal di testa in carriera. Ciro comincia ad accusare una forte e pericolosa tensione. 14' Ma l’esultanza rimane in gola ai poveri tifosi rossoneri accorsi al San Paolo. Dopo appena un minuto, punizione dalla destra di Lavezzi, Maggio questa volta serve un assist a Cavani dall’ascensore e l’Implacabile, al volo, tira un missile terra terra, che passa tra le gambe del portiere Abbiati. Gli imprecisabili del San Paolo riprendono a cantare “chi non salta rossonero è…” e i movimenti sussultori dello stadio, provocati dalla sismica esultanza partenopea fanno saltare, per inerzia, anche gli stessi rossoneri. I sismografi individuano l’epicentro nel settore distinti superiori, dove un mastodontico tifoso di duecentocinquantotto chili, che aveva ingoiato almeno trentasei abbonati, ogni volta che saltella mette a repentaglio la stabilità dell’impianto e l’incolumità del pubblico. Al 36' L’ovunquemente Gargano parte in contropiede, percorre una cinquantina di metri palla al piede, i settantamila e rotti del San Paolo, durante quella cavalcata infinita, sono divisi in tre scuole di pensiero. Il 33% urla “Al Pochoooo, Al Pochoooo”, lanciato verso la porta, un altro 33% suggerisce a gran voce: “passala ad Hamsìk”, con l’accento napoletano sulla “i”, l’ultimo 33% “consiglia” di passarla a Cavani, che pure si era smarcato sulla destra. Un prudente 1%, invece, assiepato nei distinti superiori, trema al solo pensiero che il Napoli possa segnare di nuovo, e – sebbene a malincuore - si accontenterebbe anche di un pari, pur di non veder crollare lo stadio a causa dei saltelli di Tommaso, detto “Ippo”. Ma Gargano, con l’ultima goccia di energia che gli rimane, incurante del pericolo per la pubblica incolumità dei suoi tifosi, serve sulla destra Cavani, che – come spesso accade – non stoppa il pallone, ma tira di prima, da qualsiasi posizione. Quando intuisco che Abbiati non ci può arrivare chiudo gli occhi e mi affido al Destino e alla balistica. Per fortuna, dopo un secondo atterro in braccio a Ippo Tommaso, che stava sei gradinate più sotto. Ciro, intanto, stringe le gambe e sembra più tranquillo. Lo stadio comincia a saltare e a cantare di nuovo. Nel settore ospiti, scoppiano dei tafferugli, perché alcuni ultrà scambiano per infiltrati i tifosi rossoneri che saltellano insieme ai napoletani a causa della forza d’urto impressionante. Al 39' Aquilani si trova solo davanti a San Gennaro e calcia a botta sicura, ma il santo travestito da portiere, incazzato nero con il Governo che vuole cancellargli la festa, respinge alla Garella. Sant’Ambrogio va da Berlusconi e gli suggerisce di evitare di far coincidere ogni anno la festa di San Gennaro con la domenica, perché si potrebbe falsare il campionato. Galliani, in tribuna indossa la maschera delle grandi sconfitte e guarda Tagliavento. L’arbitro alza le spalle in segno do resa, come per dirgli “questa sera non posso fare niente manco io”. Ciro teme il peggio, ma nell’intervallo beve un tè e stringe i denti. Inizia il secondo tempo. Lavezzi – nonostante il dolore alla caviglia – non è voluto mancare alla sfida che gli era stata preclusa l’anno scorso dai giudici antisportivi e, dalla destra, mette al centro un pallone velenoso, respinto corto da Nesta. Cavani, come sempre, non pensa minimamente ad aggiustarsi il pallone e il povero Abbiati, ancora una volta, conta un solo nanosecondo tra l’impatto del pallone con il piede dell’uruguaiano e il boato del pubblico. Lo spostamento d’aria fa la fila in mezzo al portierone rossonero. L’ormai celebre urlo di guerra di un noto cronista partenopeo dovrebbe essere sostituito quando tira Cavani. Non più “Si gonfia la rete” dovrebbe gridare ma “Si sfonda la rete”, che molto meglio si attaglia alla fattispecie. E ai telecronisti tifosi vorrei regalare, senza nessuna pretesa sui diritti d’autore, due nuovi vezzeggiativi per due campioni che oggi hanno fatto la differenza: “Ovunquemente”, che perfettamente sintetizza la incredibile capacità ubiqua del nostro ritrovato mediano tascabile e “l’Implacabile”, che meglio di qualsiasi altro aggettivo descrive questo Atleta, che quando dopo le prime quattro gare dello scorso campionato scrissi che era destinato a diventare più forte di Careca mi tacciarono di blasfemia. Intanto, la gioia di Ciro è diventata… incontenibile e la sua esultanza ha un retrogusto e soprattutto un retroprofumo strano. La partita è stata lunga, lunghissima, ma tutto il resto è Gioia! E, come dice la canzone di Jovanotti, adottata dallo stadio San Paolo “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang siamo Noi”.

Ricominciamo da TRE !!!!

Dedicato A tutti i GENNARO ed al Miracolo ricevuto ieri !





domenica 18 settembre 2011

Notte di Sogni, di Coppe e di Campioni di Gianni Puca

IL CIUCCIO CHE VOLA
Notte di Sogni, di Coppe e di Campioni
di Gianni Puca

Mercoledì sera a Napoli si respira un’atmosfera surreale. La città ha il fiato sospeso e i battiti accelerati come uno studente all’esame di stato. A Napoli, il mercoledì è cominciato domenica sera, subito dopo la partita con il Cesena. Tre giorni che sembrano ventuno anni. Tre giorni che sono ventuno anni.
La vita di Gaetano, carpentiere di Frattamaggiore, trent’anni da ventuno anni, si era fermata a Mosca, dopo l’errore dal dischetto del più Grande. Lui era lì, sotto la neve quella notte in cui il Napoli di Maradona fece la sua ultima apparizione in Coppa dei Campioni, e il freddo e il dolore lo avevano paralizzato. Da allora non aveva più proferito parola e una smorfia di sofferenza era rimasta scolpita sul suo volto, con il labbro inferiore tutto spostato verso destra e quello superiore verso sinistra.
Dall’alba di mercoledì fino alle venti, in tutte le auto di Napoli, da Posillipo a Secondigliano, si ascolta a palla “Zadok the priest” (che secondo alcuni significa "Forza Napoli"), il singolo di Handel più venduto. Un noto intellettuale partenopeo si è masterizzato addirittura i greatest hits del noto compositore tedesco, ma è dalla partita con l’Inter di maggio che cammina a tre metri da terra canticchiando tutti i giorni “Die Meister, die Besten, les meilleurs equipes, the champioooooons”. La gente all’inizio lo guardava e pensava avesse un accenno di Alzheimer, ma ora sono tutti pazzi per quella musichetta. Alle 20.30 le strade di Napoli sono completamente vuote. Anche Gaetano è davanti alla tv, anche se, apparentemente, non si rende conto di ciò che accade intorno a lui.
Il Napoli dei bilanci in regola sfida gli sceicchi, i nuovi paperoni del calcio mondiale, che hanno speso trecento milioni di euro per costruire una squadra di mostri, che però non ci fa paura. Aguero, Dzeko, Tevez, Silva, Tourè, Nasri, non ci fanno paura. Di più! Ci sarebbe pure Balotelli, ma stasera è in tribuna. Ma è con il coraggio della paura che il Napoli affronta questo girone di Champions terrificante, che oltre al Manchester City, vede anche il Bayern di Robben e Ribery e il Villareal di Giuseppe Rossi e Nilmar.
Ma questa partita non si può perdere. Chi glielo dice a tutta quella gente che ha trasformato Manchester in un quartiere di Napoli che questa partita, in teoria, si potrebbe pure perdere? Sugli spalti c’è un numero indefinibile di napoletani, che può variare dai tremila ai diecimila (se si contano i mimetizzati), che hanno speso uno stipendio intero (proprio o di qualche sventurato che lo aveva appena ritirato in banca) per essere presenti a questo appuntamento con la storia. Un appuntamento al quale il ciuccio si presenta più elegante che mai, con lo smoking e un bellissimo paio d’ali.
Quando i calciatori si schierano a centrocampo e nello stadio la prima nota dell’inno di Handel si leva nell’aire, nel settore ospiti appare lo spirito di Diego Armando Maradona, con indosso un mantello azzurro e la maglia nuova del Napoli, color antracite con richiami in oro. San Gennaro, appollaiato su un riflettore, si scioglie il sangue nelle vene e si commuove. Quando il bisteccone svedese fischia l’inizio della partita, una lacrima scende miracolosamente dagli occhi di Gaetano e battezza la maglia nuova della Champions.
Io la partita ve la potrei anche raccontare tutta, anche perché è stata spettacolare come poche partite alle quali ho assistito in vita mia. Partita combattutissima, con Gargano e Inler che sembravano due gladiatori, che hanno domato belve feroci, delle quali il solo Tourè pesava quanto lo svizzero, l’uruguaiano e le rispettive famiglie; con Campagnaro e Cannavaro travestiti da contraeree, che hanno intercettato tutti i caccia bombardieri inglesi che si sono alternati in campo. Una partita in cui abbiamo dimostrato che neppure tecnicamente siamo inferiori alla squadra inglese che per un solo attaccante ha speso quanto Hamsik, Cavani e Lavezzi, che quando ha colpito la traversa ha fatto saltare il turbante allo sceicco. Con Zuniga, che con un dribbling superalcoolico ha ubriacato la difesa inglese, servendo un assist per Hamsik, il cui tiro - respinto sulla linea da Frankestein jr- ha provocato sei milioni di bestemmie diverse, iniziate all'unisono, ma alcune delle quali ancora in corso...
Ma la partita si può sintetizzare in un’azione sola, iniziata in un imprecisato minuto del secondo tempo di una partita senza tempo. Gokhan Inler, con un tackle in cui si concentrava la grinta di tutto il popolo napoletano, sradica letteralmente il pallone dai piedi di un vatusso inglese lanciato a rete; in quel momento a Christian Maggio appaiono Richard Trevithick e George Stephenson e parte come un treno spinto da sei milioni di napoletani. Il treno azzurro sfonda tutti i passaggi a livello. Lo spostamento d’aria strappa la parrucca dal capoccione di Mancini e la fa atterrare sulla pelata di Attilio Lombardo.
Il povero Gaetano, intubato ma quanto mai cosciente, si sente come se fosse il macchinista di quel treno inarrestabile. Allunga le mani in avanti e stringe i pugni. È gasato come una cassa di coca cola. Intorno a lui, nessuno dei presenti si accorge del miracolo. Maggio, giunto al limite dell’area, sembra aver finito il carburante, ma in realtà potrebbe continuare a correre fino a Napoli. Tutti gli gridano “Passalaaaaa, passalaaaa”, perché Cavani sulla destra è smarcato. Anche Gaetano, a modo suo, gli grida “Passalaaa”, ma nessuno può sentirlo, a parte Maggio, che passa la palla a Cavani.
Quando Cavani si ritrova da solo davanti al portiere, il volto esangue di Gaetano riprende colore e gli occhi slavati ritornano azzurri. San Gennaro, sugli spalti, pensa che anche se mancano ancora quattro giorni, il miracolo ormai lo può fare quando gli pare, visto che il Governo gli ha cancellato la festa dal calendario. A causa della lieve differita di immagini tra Rai, Mediaset e Sky, partono tre distinti boati, che i sismologhi inizialmente riconducono ad un’eruzione sincronizzata del Vesuvio, del Mauna Loa e dell’Eyjafjallajökul.
Nel momento in cui il tiro di Cavani passa sotto le gambe del portiere inglese, prima ancora che la palla entri in rete, lo spirito di Marco Tardelli si impossessa di Gaetano, che salta dalla sedia a rotelle e corre fuori al balcone urlando: “Gooooal” “Gooooal” “Gooooal”. Gaetano si risveglia dal coma per urlare una gioia repressa per ventuno interminabili anni, scavalca la ringhiera con un salto da olio cuore e continua a correre per tutto il giardino, urlando come un forsennato, spaventando anche il doberman che si arrampica su un albero.
Poi, su una punizione inesistente, la barriera si apre in maniera sconsiderata, e il pallone – spostato da Aguero di qualche metro più avanti proprio sulla mattonella preferita di Kolarov - finisce in fondo al sacco. Ma il pareggio degli inglesi non riesce a scalfire l’entusiasmo dei napoletani, che hanno visto la loro squadra insegnare calcio a chi il calcio lo ha inventato, grazie ad una perfetta impostazione della partita da parte di Mazzarri e ad un'eccellente interpretazione della stessa da parte dei quattordici leoni scesi in campo.
E ora Gaetano e tutti gli altri malati di azzurrite spastica riprendendo il sogno da lì dove era stato spezzato.