sabato 18 settembre 2010

Forza....Caivano !!!!!!!

'O regalo




Ve 'a vulesse da' 'na piccola speranza

ve vulesse di' ca site pure forti

ma quanno veco 'a data da partita

ve dico ca v'aspetta n'ata sciorta.

Sentite stu cunsiglio: sparagnate

'e pripara ' 'e borze e 'a strategia,

lassate a casa 'e maglie blucerchiate

ca gia' d'o Duomo saglje 'a litania.

E' 'o juorno 'e San Gennaro, 'a festa mia,
e je me aspetto sulo nu regalo,

ca nuje signammo e vvuje pigliate 'e pali,

e po' se po da sfogo a pazzaria!!

venerdì 17 settembre 2010

Non e' vero, ma ci credo!

E' d'obbligo, nel blog della scaramanzia, astenersi in un giorno innominabile, come il maestro Peppino De Filippo ci ricorda a imperitura memoria.





nel caso il video non parta http://www.youtube.com/watch?v=oy4lNM99W4U

per cui il post propiziatorio e' rinviato a domani.

giovedì 16 settembre 2010

Vi abbiamo mantenuto per 150 anni.

Primo ris-post di questo nuovo ciclo dell'Accademia. Ovviamente essendo ripartita dopo un letargo estivo, gli spunti offerti non potevano essere tanti, ma l'arte si riconosce nei particolari.
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Per cui rispondero' all'unico commento critico pervenuto al post di martedi' "Perche' esistono le mafie", di tal terronidimerda, che mi ricordava con trasporto come il sud (me compreso) dovesse alla grazia (e loro malgrado) di quelli come lui se il sud e' riuscito a vedere i giorni nostri.
Ora, tralasciando gli insulti che ben combinano col nome che si e' scelto, mi interessa rispondere alla principale accusa che alimenta gli slogans (e i voti) leghisti, scrivendo:
e' vero!
Siamo stati mantenuti, male e con disprezzo, in cambio di una servitu' economica e del ristagno sociale, di una disoccupazione perenne e di un disastro ambientale, di una criminalita' asfissiante e del deserto infrastrutturale, di una corruzione dilagata e di una ignoranza di massa, e potrei continuare a lungo. Avremmo preferito che lo stato invece di aiutarci favorendo i mafiosi e i corrotti ci avesse bastonato, colpendoli e mettendoli in galera, come da suo dovere e da ogni stato civile. Se davvero ci volete aiutare,
nun ce zucate cchiu'!

mercoledì 15 settembre 2010

Tu si na malatia





Gente, sunate 'e trombe,
arapite sti porte e
scennite 'mmiez'a via
cu 'e bandiere mmano
e 'nfaccia l'alleria.
Po' munno gia' rimbomba
na voce alta e forte-
paura e simpatia
se spanne cchiu' luntano-
Napule, vita mia!
Te saglje da dint'e lombe
e si te vene 'nsciorte
e' peggio 'e 'na malia
ca da mo' fino a dimane
diventa pazzaria.
Sulo 'na cosa rompe
sta fattura 'e morte
ca l'Utrecht-comme sia-
pigliasse dduje pallune
curanno 'a malatia.

martedì 14 settembre 2010

PERCHE' ESISTONO LE MAFIE

Ripropongo in questo primo post del martedi' un pezzo che scrissi per un altro forum (TCSforum) un paio di mesi fa (e che fa riferimento a un articolo di Travaglio sul Fatto Quotidiano), che rappresenta secondo me uno squarcio interessante sulla cortina di menzogne che hanno nascosto 150 anni di storia di questo paese



"Lo so, cari amici di forum, ognuno crede di avere una sua risposta, ma nessuna si avvicina a quella verita’ storica che sembra emergere dai fatti e dalle loro recenti rivelazioni. Fatti che vengono richiamati e messi in fila da un magistrato come Scarpinato, da anni in lotta contro il fenomeno mafioso, senza la pretesa di un giudizio finale, ma lasciando a chi legge tutto l’orrore delle conclusioni. Neanch’io che ho spesso vaneggiato spiegazioni e causalita’ per il degrado della nostra terra avrei supposto di trovare cosi’ agghiaccianti conferme alle peggiori ipotesi possibili- ma, d’altra parte, le piu’ logiche e lampanti.
La mafia, le mafie, sono dai tempi di Garibaldi, al servizio del potere dei colonizzatori e della sua conservazione, di quei poteri che usando lo stato come sovrastruttura, hanno consentito a quel coagulo di interessi economici, ben identificati nei principali gruppi finanziari del nord, di crescere e prosperare.
Una oligarchia economica che, per sfuggire alle regole del liberismo e alle traversie dei mercati, si e’ perpetuata indenne nei decenni, grazie a un controllo ferreo della politica nella sua versione peggiore, e allo sfruttamento di una parte del paese, che ne ha impedito lo sviluppo tenendolo in un’agonia perenne.
Ad una prima lettura dell’intervista di Marco a Scarpinato si potrebbe supporre una vicinanza alla criminalita’ di apparati e soprattutto di pezzi dello stato, per favorire questo o quel partito, ma una piu’ attenta lettura rivela una piu’ SCONVOLGENTE VERITA’:
Il Sud, dominato come una colonia ai tempi degli imperialismi, e’ servito come serbatoio di voti per garantire il potere a ben determinate forze politiche- ma soprattutto economiche-, come mercato per i loro prodotti, come riserva di manodopera competitiva, come fonte di profitti di ogni genere, ma soprattutto di illeciti guadagni.
Un controllo militarmente capillare, operato da una MANOVALANZA CRIMINALE alla quale e’ stato consentito di organizzarsi e diffondersi, che ha impedito al Sud di mettersi in pari col resto del paese e di essere quindi in grado di competere con gli oligarchi nordisti.
Tutto cio’ ovviamente anche con la complicita’ delle amministrazioni locali, che pero’ sono espressione (nella quasi totalita’) della capacita’ di raccogliere consensi delle varie mafie locali.
Una catena che si chiude mortalmente intorno alle regioni meridionali, dove quindi lo stato (unico in grado di sconfiggere tali fenomeni) segretamente (ai fini di determinati interessi) e’ complice delle mafie alle quali lascia mano libera(nei limiti di una possibile apparente legalita’) nel controllo dei territori, garantendosi voti sufficienti per il controllo dello stato e delle amministrazioni.
Le parole di Calderoli- con la mafia dobbiamo convivere- e i passaggi principali nell’articolo seguente alla luce di questa verita’ si chiariscono definitivamente.
Ve le posto perche’ la rabbia monti, come lo tsunami quando accosta alla riva!!

“100 NOMI NASCONDONO I SEGRETI DELLE STRAGI”Scarpinato: 20 anni di oblio organizzato


di Marco Travaglio
Dottor Roberto Scarpinato, come nuovo procuratore generale a Caltanissetta lei dovrà occuparsi dell’iter dellarevisionedelprocessoperlastragediviaD’Amelio,cheaquanto pare ha condannato definitivamente almeno sette persone innocenti, di cui tre si erano autoaccusate falsamente. Ora, sulle stragi del 1992-93, i suoi colleghi di Palermo e Caltanissetta dicono che siamo prossimi a una verità che la classe politica potrebbe non reggere. Qual è la sua opinione?
Proprio a causa del mio nuovo ruolo non posso entrare nel merito di indagini e processi in corso. Mi limito a un sommario inventario che induce a ritenere che i segreti del multiforme sistema criminale che pianificò e realizzò la strategia terroristico-mafiosa del 1992-93 siano a conoscenza, in tutto o in parte, di circa un centinaio di persone. E tutte, dalla prima all’ultima, continuano a custodirli dietro una cortina impenetrabile.
E chi sarebbero tutte queste persone?
Partiamo dai mafiosi doc: Riina, Provenzano, i Graviano, Messina Denaro, Bagarella, Agate, i Madonia di Palermo, Giuseppe Madonia di Caltanissetta, Ganci padre e figlio, Santapaola e tutti gli altri boss della “commissione regionale” di Cosa Nostra che si riunirono a fine 1991 per alcuni giorni in un casale delle campagne di Enna per progettare la strategia stragista. Una trentina di boss che poiriferironoledecisioniintuttooinparteailorouomini difiducia.Altredecinedipersone.Nessunodilorohamai detto una parola sul piano eversivo globale. Le notizie che abbiamo ce le hanno fornite uomini d’onore che le avevano apprese in via confidenziale da alcuni partecipantialvertice,comeLeonardoMessina,MaurizioAvola, Filippo Malvagna. Altri a conoscenza del piano sono stati soppressi poco prima che iniziassero a collaborare, come Luigi Ilardo, o sono stati trovati morti nella loro cella, comeAntoninoGioè.Agliesecutorimaterialidellestragi o di delitti satellite, i vertici mafiosi in genere non rivelavano i retroscena politici del piano stragista, si limitavano a fornire spiegazioni di causali elementari e di copertura. Aggiungiamo i vertici della ndrangheta che, come hanno rivelato vari collaboratori,tennero nellostesso periodo una riunione analoga nel santuario di Polsi.
Chi altri sa?
È da supporre una serie di personaggi che anticiparono glieventichepoipuntualmentesiverificarono.L’agenzia distampa“Repubblica”vicina a Vittorio Sbardella,ex leaderdegliandreottianiromani(nulla a chevedere colquotidiano omonimo)scrisse24oreprimadiCapacichedilì a poco si sarebbe verificato “un bel botto” nell’ambito di una strategia della tensione finalizzata a far eleggere un outsider come presidente della Repubblica al posto del favoritissimo Andreotti. Il che puntualmente avvenne, così Andreotti fu costretto a farsi da parte e venne eletto Scalfaro. Anni dopo Giovanni Brusca ha riferito che la tempistica di Capaci era stata preordinata per finalità che coincidono esattamente con quelle annunciate nel profetico articolo. Dunque, o l’autore aveva la sfera di cristallo,oconosceva alcuni aspetti della strategia stragistae aveva decisodi intervenire sul corsodeglieventiconuna comunicazione cifrata, comprensibile solo da chi era a parte del piano.
L’agenzia Repubblica aveva pure anticipato il progetto globale in cui si inscriveva il delitto Lima.
Esattamente. Il 19 marzo 1992, pochi giorni dopo l’assassiniodiSalvoLima(andreottianocomeSbardella,ndr), l’agenzia annunciò che l’omicidio era l’incipit di una complessa strategia della tensione “all’interno di una logica separatista e autonomista […] volta a consegnare il Sud alla mafia siciliana per divenire essa stessa Stato al fine di costituirsi comenuovoparadisodelMediterraneo[…]medianteunattacco diretto ai centri nevralgici di mediazione del sistema dei partiti popolari […].
Paradossalmente il federalismo del Nord avrebbe tutto l’interesse a lasciare sviluppare un’analoga forma organizzativa al Sud lasciando che si configuri come paradiso fiscale e crocevia di ogni forma di traffici e di impieghi produttivi, privi delle usuali forme di controllo, responsabili della compressione del reddito deriva-bile dalla diversificazione degli impieghi di capitale disponibile”. Anni dopo Leonardo Messina rivelò alla magistratura e all’Antimafia il progetto politico secessionista di cui si era discusso nel summit di Enna su input di soggetti esterni che dovevano dare vita a una nuova formazione politica sostenuta da “vari segmenti dell’imprenditoria, delle istituzioni e della politica”. Come faceva l’autore dell’articolo a sapere ciò che anni dopo avrebbe svelato Messina? È come se circolassero informazioni in un circuito separato e parallelo a quello destinato alla massa. Un circuito soprastante alla base mafiosa, delegata ad eseguire la parte militare del piano, e interno alla mente politica collettiva che quel piano aveva concepito, anche se poi quel piano mutò in corso d’opera per una serie di eventi sopravvenuti, e si puntò così ad una diversa soluzione incruenta. In questo quadro c’è poi da chiedersi perché, in un’intervista del 1999, il professor Miglio, ex teorico della Lega Nord, dichiarò parlando dei fatti dei primi anni ‘90: “Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ‘ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”.
Andiamo avanti.
L’ex neofascista Elio Ciolini, già coinvolto nelle indagini sulla strage di Bologna, il 4 marzo 1992 scrisse una lettera dal carcere al giudice Leonardo Grassi per anticipargli che “nel periodo marzo-luglio” si sarebbero verificati fatti per destabilizzare l’ordine pubblico con esplosioni dinamitarde e omicidi politici. Puntualmente il 12 marzo fu ucciso Lima e nel maggio e luglio ci furono le stragi di Capaci e via D’Amelio. Il 18 marzo Ciolini aggiunse che il piano eversivo era di “matrice masso-politico-mafiosa” , come rivelarono poi alcuni collaboratori di giustizia, e preannunciò un’operazione terroristica contro un leader del Psi. Anni dopo accertammo che era stato progettato l’omicidio di Claudio Martelli, fallito per alcuni imprevisti.
Chi manca, alla “lista della spesa”?
Quanti si celavano dietro la sigla della “Falange armata” i quali, pochi giorni dopo le dimissioni di Martelli da ministro perché coinvolto nelle indagini sul conto segreto svizzero “Protezione” a seguito delle dichiarazioni rese da Silvano Larini (il 9.2.1993) e da Licio Gelli (il 17.2.1993), diffusero il 21 aprile 1993 un comunicato per invitare Martelli a non fare la vittima e ad essere “grato alla sorte che anche per lui si sia potuta perseguire la via politica invece che quella militare”; e poi per lanciare avvertimenti a Spadolini, Mancino e Parisi, annunciando future azioni. Pochi mesi dopo, la manovra dello scandalo dei fondi neri del Sisde indusse Parisi a dimettersi, fece vacillare il ministro Mancino e anche il presidente Scalfaro, il quale denunciò che dietro quella vicenda si muovevano oscuri progetti di destabilizzazione politica.
E poi?
L’elenco sarebbe molto lungo e coinvolgerebbe tanti soggetti di quali non posso parlare, visti i limiti che derivano dal mio ruolo. Possiamo forse aggiungere alcuni di coloro che hanno concepito il depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio: cioè la costruzione a tavolino, tramite falsi pentiti, di una versione minimalista che ha “tarato” le indagini verso il basso, circoscrivendola a una banda di piccoli criminali come Scarantino, e garantendo intorno ad essa un muro impenetrabile di omertà che ha retto fino a un paio di anni fa, cioè alle dichiarazioni autoaccusatorie di Spatuzza. Poi, se i riscontri dovessero confermare le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, ci sono i vari “signor Franco” o “signor Carlo” che affiancarono suo padre Vito facendo da cerniera tra mondo mafioso e mondi superiori durante le stragi. E inoltre quanti garantirono a Provenzano, garante della soluzione politica alternativa a quella cruenta di Riina, di muoversi per anni liberamente per l’Italia e di visitare Vito Ciancimino gli arresti domiciliari. Poi coloro che fecero sparire l’agenda rossa di Borsellino. E tanti altri...
Come gli ufficiali del Ros Mori e De
Donno, ora imputati per la mancata cattura di Provenzano dopo la trattativa che portò all’arresto di Riina, con annessa mancata perquisizione del covo e sparizione delle carte segrete del boss. E i superiori militari e politici che autorizzarono quella “trattativa”.
Non posso rispondere. Sono fatti ancora oggetto di indagini in corso.
Su questa convergenza di ambienti e interessi lei, a Palermo, aveva avviato l’indagine “Sistema criminale”, poi in parte archiviata. Che cos’è il sistema criminale?
Quello che abbiamo appena sintetizzato. Un sistema composto da esponenti di mondi diversi, tutti rimasti orfani dopo la caduta del Muro di Berlino delle passate protezioni, all’ombra delle quali avevano potuto coltivare i più svariati interessi economici e criminali, tra questi anche la mafia militare sino ad allora tollerata come anticorpo contro il pericolo comunista. Questi mondi intercomunicanti attraverso uomini cerniera erano accomuna-ti da un interesse convergente: destabilizzare il sistema agonizzante della Prima Repubblica e impedire un ricambio politico radicale ai vertici del Paese con l’avvento delle sinistre al potere (la “gioiosa macchina da guerra”). Ciò doveva avvenire mediante la creazione di un nuovo soggetto politico che avrebbe dovuto conquistare il potere mediante un’articolata strategia che si snodava contemporaneamente sul piano militare e politico. La nostra ipotesi, almeno sul piano storico, esce sempre più confermata dalle recenti scoperte investigative.
Nella stagione delle stragi si muovono molteplici operatori che poi si dividono i compiti. Chi concepisce il piano, chi lo realizza a livello militare, chi organizza la disinformazione e chi i depistaggi. Basterebbe che cominciasse a parlare qualcuno che conosce anche solo la sua parte, per consentirci enormi passi avanti nella ricerca della verità. Ma, finora, non parla nessuno.
Bè, mafiosi come Spatuzza e figli di mafiosi come Massimo Ciancimino parlano. E costringono a ricordare qualche esponente delle istituzioni: gli improvvisi lampi di memoria di alcuni politici, dopo 17-18 anni, sul ruolo di Mori durante la “trattativa” con Ciancimino fanno pensare che tanti a Roma sappiano molto, se non tutto...
Anche qui preferisco non addentrarmi in vicende specifiche, tuttora oggetto di indagini e processi. Prescindendo da casi specifici, vista dall’alto la tragica sequenza degli avvenimenti di quegli anni fa pensare al “gioco grande” di cui parlava Falcone: l’ennesimo gigantesco war game giocato all’interno di alcuni settori della nomenclatura del potere nazionale sulla pelle di tanti innocenti. Un war game trasversale combattuto anche a colpi di segnali, messaggi trasversali, avvertimenti in codice, veti incrociati e ricatti sotterranei: non potendo parlare esplicitamente tutti erano costretti a comunicare con linguaggi cifrati.
Perché dice “ennesimo war game”?
Tutta la storia repubblicana è segnata dal “gioco grande” celato dietro progetti di colpi di Stato poi rientrati (dal golpe Borghese al piano Solo) e stragi caratterizzate da depistaggi provenienti da apparati statali: da Portella della Ginestra alla strage di Bologna alle stragi del 1992-93. Perciò la questione criminale in Italia è inestricabilmente intrecciata con la storia nazionale e con la questione stessa dello Stato e della democrazia.
Possibile che, in un Paese
debole di prostata dove nessuno si tiene niente, i segreti sulle stragi custoditi da tanta gente tanto eterogenea restino impenetrabili a quasi vent’anni di distanza?
Molte stragi d’Italia nascondono retroscena che coinvolgono decine, se non centinaia di persone. Pensi a Portella della Ginestra: la banda Giuliano, i mafiosi, i servizi segreti, esponenti delle Forze dell’ordine, il ministero dell’Interno. Pensi alle stragi della destra eversiva. Così quelle politico-mafiose del 1992-93. La storia insegna che quando un segreto dura nel tempo sebbene condiviso da decine e decine di persone, è il segno che su quel segreto è impresso il sigillo del potere. Un potere che cavalca la storia riproducendosi nelle sue componenti fondamentali e che eleva intorno al proprio operato un muro invalicabile di omertà, perché è così forte da poter depistare le indagini, alimentare la disinformazione, distruggere la vita delle persone, riuscendo a raggiungerle e a eliminarle anche nel carcere più protetto. Come Gaspare Pisciotta, testimone scomodo ucciso all’Ucciardone con un caffè alla stricnina, e a un’altra decina di persone al corrente dei segreti retrostanti la strage di Portella. E come Ermanno Buzzi, condannato in primo grado per la strage di Brescia e strangolato in carcere. Resta inquietante lo strano suicidio in carcere nel 1993 di Nino Gioè, appena arrestato e sospettato per Capaci, dopo strani incontri con agenti dei servizi e una strana trattativa avviata con Paolo Bellini, coinvolto in indagini sull’eversione nera negli anni 70, per aprire un canale con Cosa Nostra. Ed è inquietante che Nino Giuffrè, braccio destro di Provenzano, abbia raccontato di essere stato invitato a suicidarsi nel 2005, subito dopo l’inizio della sua collaborazione, ancora segretissima. Il muro dell’omertà comincia a fessurarsi solo quando il sistema di potere entra in crisi. È per questo che oggi si
aprono spiragli importanti di verità?
Presto per dirlo, ma ancora una volta la lezione della storia ce lo insegna. Quando la Prima Repubblica era potente, Buscetta , Marino Mannoia e altri collaboratori rifiutarono di raccontare a Falcone i rapporti mafia-politica: iniziarono a svelarli solo nel ‘92, quando quel sistema crollò, o meglio sembrò fosse crollato.
Oggi il governo appena qualcuno torna a parlare, vedi Spatuzza, gli nega il programma di protezione. Che messaggio è?
Quella decisione è stata presa contro il voto di dissenso dei magistrati della Procura nazionale antimafia che fanno parte della Commissione sui collaboratori di giustizia e contro il parere concorde dei magistrati di ben tre Procure della Repubblica antimafia: Caltanissetta, Palermo e Firenze. Intorno al caso Spatuzza e sul fronte delle indagini sulle stragi si è verificata una spaccatura assolutamente inedita tra magistrati e gli altri componenti della Commissione. Proprio perché non si tratta di una scelta di routine e proprio a causa di questa spaccatura , quella decisione in un mondo come quello mafioso che vive di segnali può essere equivocata e letta in modo distorto: nel senso che lo Stato in questo momento non è compatto nel voler conoscere la verità sulle stragi. Naturalmente non è affatto così, le motivazioni del dissenso sono di tipo giuridico, ma è innegabile che il pericolo esista.
Dunque hanno ragione i pm di Caltanissetta quando dicono in Antimafia che la politica non è pronta a fronteggiare l’onda d’urto delle nuove verità sulle stragi?
A me risulta che le loro dichiarazioni sono state riportate dalla stampa in modo inesatto. In ogni caso, sulle stragi e i loro retroscena abbiamo oggi un’occasione più unica che rara, forse l’ultima, per raccontare una storia collettiva sepolta da quasi vent’anni di oblio organizzato. Per restituire al Paese la sua verità e aiutarlo a divenire finalmente adulto. Se non dovessimo farcela neppure stavolta, non ci resterebbe che fare nostra un’amara considerazione di Martin Luther King: “Alla fine non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici”.
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lunedì 13 settembre 2010

NUN ACCUMMINCIAMMO!!

Doveva essere una partita batticuore e lo e' stata.
Ovviamente gli azzurri non sono al meglio, come amalgama di squadra ancor piu' che come singoli, ma che l'avversario era rognoso se ne era accorta anche la Juve una settimana fa. Nonostante cio', fra occasioni subite e sprecate, eravamo riusciti a portarla a casa a 4 minuti dal novantesimo, si vede che non era giornata.
Ora non cominciamo coi processi e con le critiche, perche' allora dalle parti di tutte le altre, che hanno beccato da molte provinciali, dovrebbero spararsi.
Diciamo che poteva finire meglio, ma il pareggio alla fine e' giusto, e consoliamoci pensando che il Milan ha poco da stare Allegri, alla Fiorentina il viola finora ha portato seccia, il Palermo co Her nanes di due metri si sono confusi e il Genoa ha dato sfoggio dei suoi giocatori Preziosi-per non parlare di juve e roma-
TIE'!!!