domenica 1 aprile 2012

E adesso... DEZERIZZIAMOLI!

domenica 26 febbraio 2012

giovedì 23 febbraio 2012

No trip for cats - di G.Puca


Un' altro capolavoro di Gianni Puca, bravissimo !

Notte  prima degli esami, notte di sogni, di coppe dei campioni. “Nessun dorma” canta Luciano Scognamiglio, tenore in pensione di Pianura, la cui ugola per tutta la notte ribadisce, sicura: “Vincerò, vincerò, vinceeeeròòò”!
Il giorno dopo, in tutta Napoli, per tutto il giorno, si leva nell’aire un’unica musichetta, con Totore che sembra dirigere l’orchestra permanente, dal suo balcone di Sorrento, su cui brilla il ritaglio di stoffa plastificata volata lì quasi per magia dal San Paolo. L’adrenalina è entrata a far parte della composizione dell’aria, insieme all’ossigeno e all’idrogeno. Il popolo napoletano si è ormai sprovincializzato e Tonino, a Secondigliano, mentre dipinge le vele di azzurro, anziché le solite canzoni neomelodiche, canta con un’inflessione teutonico-franco-afragolese “Die maistèr, die bestèn, les grandès equipèèèès, chaaaaampiòòòònsss”, con gli accenti tutti sulle vocali sbagliate! GianGiovanni, sebbene sia un tifoso irrealista, sette anni fa, quando aveva prenotato la chiesa, mai avrebbe potuto immaginare che il Napoli avrebbe giocato gli ottavi di Champions contro il Chelsea proprio lo stesso giorno in cui doveva sposarsi. Il giorno del sorteggio, aveva capito il perché del vecchio detto: “di marte non ci si sposa e non si parte”. Ma lui trova comunque una soluzione. In chiesa, Mariachiara rimane sorpresa quando entra accompagnata dal papà e anziché dalla celebre marcia nuziale di Wagner, che aveva chiesto, viene accolta da una musica diversa. Il padre sorride e le dice: “Mò se porta, è quella dei reali di Gran Bretagna”. Mariachiara non capisce, eppure quella musica le è familiare, il suono dei violini e il coro sono da brividi, ma solo quando arriva sull’altare e tutti gli invitati e il parroco urlano “Chaaaaaaampiooooonssss!”, si rende conto che era il pezzo di un noto compositore che aveva appena vinto il disco di platino, per i cd che aveva venduto a Napoli.  
Nonostante le raccomandazioni, la cena al ristorante “Gli azzurri” di Fuorigrotta si protrae oltre l’inizio della partita. Giangiovanni desidera fortemente che gli invitati si dissolvano nell’aire prima che il suo fegato esploda. Al 21’ si staglia nel cielo una bestemmia tellurica ascrivibile alla inconfondibile voce di zio Pasquale, che si era rifiutato di andare al matrimonio. Stava seguendo la partita di spighetto, nel settore distinti, perché era capitato tra due mastodontici pachidermi, tra i quali aveva dovuto infilarsi a incastro. Lo sposo lancia le bomboniere a tutti gli invitati e si ritira in camera con la moglie. La stanza affaccia sulla curva A. Il campo non si vede, ma si percepisce forte e chiaro tutto ciò che accade. La moglie, giunta al matrimonio illibata, non vuole rinviare d’ufficio la sua prima notte. Il marito, che aveva atteso dieci anni, avrebbe serenamente atteso un’altra notte. Ma lei gli strappa lo smoking da dosso e rimane allibita allorquando vede che sotto indossa la maglietta di Lavezzi. Ed è proprio in quel preciso istante che lo stadio salta fuori dalle fondamenta. L’urlo di zio Pasquale si riconosce tra quello dei settantamila, di cui cinquecento inglesi, e circa cinquemila portoghesi, a parte Villas Boas. GianGiovanni vorrebbe accendere la radio, ma Il coro “olè olè olè olè Pochoo Pochooo” è fin troppo eloquente. Prova a mantenere un aplomb finto come il rolex che ha sul polso, e dedica le proprie  attenzioni alla moglie, che durante la cena aveva provato a distogliere la sua attenzione dal Napoli mostrandogli la farfalla che spuntava dallo spacco inguinale. Lungi dal somigliare a Belen, la moglie è un clone perfetto di Celentano, e comincia a molleggiare su di lui. Intanto, al San Paolo, Cavani si fionda su un preciso cross dello svizzero Inler e con l’omero segna un goal epico. Il San Paolo ruggisce, la terra trema, il Vesuvio si erutta sotto dalla paura. Zio Pasquale viene disintegrato dal movimento sincronizzato dei due vicini, che dopo aver ingurgitato tre panini a testa, che avrebbero risolto il problema della fame nel mondo, erano lievitati fino a diventare due mammut. “Sììììììììììììììììììììììì”, urla Giangiovanni, che ha intuito chiaramente cosa è successo. “Nooooooooo”, risponde l'insaziabile ex vergine, che aveva frainteso. Ma lui, contrariamente a quanto pensa la consorte, ha ancora cartucce da sparare e con maggior intensità attacca… gli spazi. Intanto uno dei due mammut viene colto da una feroce dissenteria e corre verso il bagno. Zio Pasquale esulta come se il Napoli avesse segnato il terzo goal. I due concentrati di colesterolo rimangono in comunicazione tramite cellulare e l’uno fa la cronaca minuto per minuto all’altro, che intanto comunica di aver trovato i bagni chiusi e di non essere riuscito a resistere all’emozione del terzo goal del Napoli e agli effetti della reazione provocata dall’interazione della salsiccia con i friarielli, la cotoletta con i peperoni e la parmigiana di melanzane. I blues brothers avevano ballato la tarantella davanti allo scatenato Cavani, che aveva poi apparecchiato per il Pocho un goal che rimarrà per sempre scolpito nella storia azzurra e negli occhi dei settantamila, che piangono commossi, dopo anni di Calderonni, Prunierri, Salvatori Naldi, Varricchi, Ignoffi e Montervini. Zio Pasquale torna a casa tutto sballato, dopo le trentasei canne passive che si è fatto, è con maggior scognizione di causa contro le droghe, anche quelle leggere. E pensa che se l'anno prossimo si fa l'abbonamento rischia di diventare un tossicodipendente.  Giangiovanni, che ormai aveva concluso le operazioni con grande soddisfazione della moglie, aveva reagito al terzo goal con un deciso gesto dell’ombrello, a seguito del quale il suo rolex falso era stato catapultato in tribuna. Ma le note d’’o surdato ‘nnammurato che si levano nell’aria non lasciano dubbi: è finitaaaaaaa!  Ora si può partire anche per il viaggio di nozze: destinazione Londra!

mercoledì 1 febbraio 2012

Per piacere, non ditelo più (di M.De Giovanni)


Breve glossario delle frasi che non vorrei mai più sentire:
1) La partita è stata condizionata da episodi.
Perché, quale partita non è condizionata da episodi? Un gol preso a vanvera, col lentissimo centravanti avversario che gira attorno al nostro centrale, è un episodio; l’ennesima palla che capita sul piede giusto del nostro uomo di maggior classe, che puntualmente la tira addosso al portiere, è un episodio; un rigore sbagliato, è un episodio; tre gol subiti da una squadra che ne ha presi una marea ed è in aperta crisi, sono tre episodi. Il calcio è fatto di episodi, come la vita, se è per questo.
2) Sei anni fa eravamo in serie C.
Vero. Ma ventidue anni fa eravamo campioni d’Italia. E la stramaledetta Juventus, salita in serie A insieme a noi e col grande limite di un ciclo completamente sbagliato con Del Neri, ha allestito una corazzata che si avvia a giocarsi lo scudetto fino all’ultima giornata. Quand’è che il passato diventa storia, e non se ne parla più? Grande merito a chi ha riportato gli azzurri al rango che gli compete, ma ricordiamo appunto che questo è il nostro posto; e che sei milioni di tifosi nel mondo garantiscono un gettito di amore, passione e soldi che non dev’essere tanto male, se i bilanci (gestione oculata, per carità, ma anche fatturato) chiudono puntualmente in utile.
3) Secondo il monte ingaggi, siamo al posto che ci compete.
E quindi abbiamo perso sei a zero col Manchester City e col Bayern, cinque a zero col Villarreal, quattro a zero con Milan e Inter. E naturalmente abbiamo battuto passeggiando Catania, Chievo, Novara, Genoa, Bologna, Siena, Parma e via così. Per non parlare del valore incrementale dei nostri giocatori, Hamsik quaranta milioni, Lavezzi trentuno, Cavani cinquanta: o conta solo lo stipendio? E poi, che ci fa l’Udinese lassù? Per favore…
4) La rosa numericamente è soddisfacente.
Numericamente sono in rosa Chavez, Fideleff, Lucarelli, Donadel, Santana. Bastava prenderli dalla strada, siamo convinti che Castelvolturno brulichi di soggetti dal nome esotico e dalla carnagione olivastra che farebbero miglior figura in tribuna o sul campo d’allenamento, se è per questo. Sarebbero costati meno e avrebbero avuto lo stesso impatto sulla stagione, e avremmo anche fatto un’opera di bene.
5) Non vogliamo bruciare i giovani.
E quindi Insigne va a Pescara, e già si programma per lui un secondo anno di purgatorio pur avendo ventun anni, e così Ciano, Sepe, Maiello. Nel frattempo i coetanei o giù di lì Fernandez, Fideleff, Vargas si gettano nella mischia senza aspettare nemmeno che capiscano una parola d’italiano, facendogli perdere ogni sicurezza. Questione di passaporto?
6) Privilegiamo la Champions rispetto al campionato.
E su che basi, si compie questa scelta? Ci sono concrete possibilità di vincerla, la Champions? Ne abbiamo la forza? Sia chiaro a tutti che noi tifosi, se a qualcuno interessa ancora cosa vogliamo, privilegiamo (o meglio, avremmo privilegiato) il campionato. Che quest’anno, per le crisi di identità e l’andamento lento di molte squadre, si poteva anche vincere. Se solo si fosse deciso di giocarlo adeguatamente.
7) Il nostro è un progetto che prevede una crescita costante.
Che tipo di progetto di crescita è quello che, dopo un terzo posto e una partecipazione più che onorevole alla Champions, prevede un piazzamento di centro classifica e forse un’Europa League ricavata dalla coppetta Italia? Eppure i valori tecnici della squadra di quest’anno dovevano essere superiori: l’anno scorso in panca c’era Yebda, che personalmente avrei tenuto, mentre quest’anno abbiamo un ottimo Pandev.
8) La Champions ha risucchiato energie, non essendo la squadra abituata a questo livello.
E perché mai allora si perde o si pareggia, giocando male, anche quando le partite della competizione europea sono così distanti? E soprattutto, i ricambi non erano stati definiti d’estate “più che adeguati” a sopportare lo stress del doppio impegno? E i successi europei non hanno aggiunto consapevolezza dei propri mezzi ed euforia almeno pari alle energie che hanno sottratto?
9)  Gli acquisti – civetta di extracomunitari come Koffi l’anno scorso e Kabine quest’anno servono a poter acquistare nuovi talenti.
E infatti in estate sono arrivati i luccicanti Chavez e Fideleff, senza i quali non so proprio come si sarebbe messa la situazione, quest’anno. Complimenti vivissimi per la lungimiranza e l’illuminata gestione tecnica.
10) In questa città non funziona un cazzo.
Unica frase consentita. Detta da un esperto.

sabato 7 gennaio 2012

Pocho all´Inter ?