venerdì 22 agosto 2008

Fair Play

Dicette Ciccio Totti mentre facea nu rutto:
o'Napule, dummeneca, mo' faccio sciaqua e strutto.
Lavezzi rispunnette: te piace sciaqua e strutto?
Ciccì bello do'frato, ffà 'mmocca a chite è muorto
e te va bbona e meglio che nun me sente stuorto
si nò te dico pure ca tieni o'culo rutto.
Spalletti a' coppa a mano: ma nun ve pare brutto
e fa sta discussione cu 'e muorti e 'e culi rutti?
Na voce se sentette venì a' coppa a panchina:
Zellù chiure stu cesso ca tu si na latrina.

mercoledì 20 agosto 2008

Frammenti di memoria

Comm' er' bell' 'o Paes' mie quann' er' guaglion'.
'Nta Staggion' 'o ciel' er' semp' azzurr'.
L'aria sapev' 'e acqua e pomice
e tenev' 'addor' d'o mar' e d'e pinet'.
Comm' er' bell' 'o Paes' mie quann' er' guaglion'.

Come un branco di lupacchiotti noi crescevamo per strada sorvegliati da decine di occhi di mamme che sedute ai balconi, alle finestre e fuori dei bassi ci chiamavano, ci "alluccavano", ci guardavano....
Il vicolo era una fortezza e qualunque estraneo era osservato e seguito fin a quando non andava via. Assolutamente non doveva avvicinare bambini e ragazze in età prematrimoniale perchè immediatamente qualche adulto interveniva a chiedere:"Addò ita ì'? A chi cercat'?"
Il problema, per le nostre mamme, nasceva quando eravamo presi dalla naturale e insopprimibile brame d'avventura. Loro ci raccomandavono di non frequentare luoghi solitari (raccomandazione assurdamente inutile e quindi sempre inascoltata) ed evitare i "vecchi" che avevano la feroce e da me mai compresa abitudine di "levare il grasso dalle piante dei piedi" dei bambini.
Le mamme non parlavano mai di perversioni più o meno "sessuale"; un po' per pudicizia, un po' perchè istintivamente sentivano che era meglio non stuzzicare la nostra curiosità morbosa.
Una cosa comunque era certa: ai nostri piedi eravamo teneramente affezionati ed eravamo disposti a tutto pur di impedire che qualche laido vecchiaccio portasse a compimento la nefanda impresa. La migliore difesa, lontani dal vicolo, era il muoversi in banda.
Una banda di scugnizzi in missione esplorativa, ben forniti di micidiali pietre vesuviane, era una terribile unità militare, generosa fornitrice di lavoro per i "Pronto Soccorso".
In quei tempi la parola "sesso" era proibita nel normale lessico popolare e sostituita dalle locuzioni verbali: "fare le schifezze", "fare 'e ccos' malament' ". Queste espressioni "dovevano" essere seguite da un smorfia di severa riprovazione da parte degli uomini, mentre le donne, dopo un gesto di pudica ripulsa, facevano seguire un commento del tipo:"Madonna Addulurat' liberaci d'e peccat' ".
Quando ero bambino, "fare l'amore", rigorosamente il Giovedì a casa della donna e dell'uomo di Domenica, non significava "fare sesso", ma guardare la propria "promessa sposa" e tentare di sfiorarla di nascosto, di sentirne l'odore. Era tutto un duellare, un continuo tendere l'arco senza mai scoccare la freccia, una dolce,intensa, inestinguibile sofferenza in cui la donna sapeva di non dover cedere, pena la perdita del rispetto del fidanzato; promettere molto e mantenere poco, quasi niente.
Don Peppino Marotta, nella sua raccolta di critiche cinematografiche ,"Facce Dispari", raccontava:"A diciott'ann', quann' pensav' a Carmela mia, pur' 'o vient' 'e Aust' s' venev' a scarfà vicin' a mme!".
Trovo veramente "scombisciante" che in questa Società, così edonista e permissiva da un lato e così bigotta, maschilista e intollerante dall'altro, solo gl'omosessuali "nascosti" possano, casti, assaporare tali dolci tempeste d'amorosi sensi!

Perduti, amati tempi
quando i volti erano diversi
e i gesti, diverse le parole.
Quando la Cultura Contadina,
vetusta d'anni, sorreggeva
con braccia poderose,
come gl'archi di un acquedotto
romano, la nostra Società.

Nella mia prima giovinezza, negl'anni sessanta, sotto le poderose picconate di oltre dieci anni di televisione, i costumi di noi giovani erano ormai cambiati e i valori messi in discussione.
Io appartengo alla generazione del 68, della Contestazione Globale, dell'Immaginazione al Potere, di Kerouac, dei Figli dei fiori, dell'LSD. Satre e Marcuse erano i numi tutelari, Rudy Dutschke e Cohon Bendit i nostri eroi. Cantavamo i Beatles e i Rolling Stones e sognavamo l'America.
Totò nei ultimi film ci faceva il verso (chi rammenta il contrabbasso esistenzialista?).
Le nostre parole erano cambiate, i nostri gesti. Anche fisicamente eravamo cambiati: magri,lineamenti volpini, colorito malaticcio, occhi cattivi, debosciati e con problematiche psichiche e sessuali; le donne, ,poi, in minigonna e.... "scatenate".
Pasolini, a muso duro, ci urlava:"Vi odio! Preferisco i poliziotti a voi. Quelli hanno le facce del Popolo; voi no! Voi avete la faccia dei vostri padri: piccolo-borghesi, bigotti, razzisti e guerrafondai.
D'estate, scalzi, discinti con un costumetto arrabattato, andavamo al mare. Certamente evitavamo le spiagge frequentate dagli adulti. Questi avevano l'irritante abitudine di riferire le nostre monellerie ai nostri genitori e ciò era sempre deprimente per il nostro fondoschiena.
Andavamo in una spiaggetta isolata, raggiungibile soltanto percorrendo un lungo tratto dei binari della ferrovia.
Questa spiaggetta era protetta da una corona di scogli che da un lato arrivava fino a riva a creare uno specchio d'acqua sempre assolutamente piatto.
Il lato chiuso proseguiva con una sottile striscia di sabbia chiusa a livello del bagnasciuga da una serie di enormi cubi di cemento strettamente affiancati che avevano la funzione difendere la ferrovia dai marosi.
In questo luogo meraviglioso sguazzavamo liberi e felici fino a quando non venivamo assaliti dai morsi della fame e della sete.
Per la fame non c'era problema: la ingannavamo con qualche patella o qualche granchio se riuscivamo a catturarlo.
Per la sete avevamo scoperto che, scavando dove c'erano i cassoni di cemento una buca di circa 50-60 cm, facevamo affiorare una piccola pozza d'acqua che la lenta filtrazione aveva dissalato.
Con infinita cautela, per evitare che le pareti franassero, servendoci soltanto della mano per attingerla, noi riuscivamo a dissetarci.
Raramente nella mia vita ho bevuto acqua migliore. Quei pochi sorsi d'acqua evidenziavano la nostra capacità di sopravvivere, di utilizzare ogni risorsa, l'appartenenza ad una specie dominante: i cuccioli stavano crescendo, diventavano lupi.
Ma un triste giorno ci si accorge di essere cresciuti troppo, l'anima è coperta dalle cicatrici di troppe battaglie, oppressa da troppi ricordi. Nel passato un'infinità di ombre, nel futuro undeserto. Con passo stanco si avanza meccanicamente nella speranza di una ulteriore "emozione", là forse oltre quel dosso, oltre quella curva....
Al tramonto della vita è l'acqua che ristora l'Anima ad essere essenziale per proseguire il viaggio più di quella che ristora il corpo.
La gola è asciutta come legno, si raccoglie l'ultima goccia d'acqua dalla fiasca, ci si guarda intorno, si cercano segni, indizi.....si prosegue, con tenacia, sperando, pregando,...forse più in là, oltre quel masso, oltre quei rovi.
Ed ecco si scorge alta una roccia , accanto un boschetto; si avanza con passo spedito. Giunti, si osserva il terreno, ci s'inginocchia, si scava....e l'acqua affiora pura, limpida. Ringraziando la Divinità ci si disseta, se ne raccoglie un po', si ricopre la buca con religioso rispetto.
Ristorato,il dolore delle cicatrici lenito, alleggerito il fardello dei ricordi, si osserva la strada che si perde oltre l'orizzonte e si riprende il cammino.

Alta, incorruttibile sta
in un deserto di sentimenti rinsecchiti,
popolato di ombre che si credono uomini,
generosa ai viandanti di acqua ristoratrice
e ombra protettrice ai sonni sereni.
(a Giuliano)