martedì 9 novembre 2010

Il danno e la beffa.

La Lega Pro tra penalizzazioni e "dovere" di cambiamento

Nato il 01.07.1972, avvocato, iscritto al Foro di Bergamo, ex dirigente del Monza Brianza 1912, socio dello studio legale Di Cintio-Ferrari, si occupa di diritto sportivo. Consulente legale di TuttoLegaPro.com e TuttoMercatoWeb.com
05.11.2010 09:00 di Cesare Di Cintio articolo letto 401 volte
Fonte: TuttoLegaPro.com

© foto di Luigi Gasia/TuttoLegaPro.com

"Gentili lettori,

Il campionato è giunto ad un terzo del suo cammino e le classifiche sono state modificate per via dei deferimenti alla Procura Federale delle società che, nonostante le prime bocciature da parte della Co.vi.soc. nel mese di luglio, sono comunque riuscite a superare l’esame finale del Consiglio Federale del 5 agosto scorso. Le sanzioni sono state molto severe e la Commissione Disciplinare non ha fatto sconti proprio a nessuno ed, infatti, sono state comminate le sanzioni che sono andate ad incidere sulle classifiche di tutti i gironi della Lega Pro: Salernitana 2 punti di penalizzazione, Spal 1 punto, Cavese 5 punti, Foggia 1 punto, Foligno 1 punto, in Prima Divisione , mentre in Seconda Divisione Rodengo Saiano 1 punto, Canavese 2 punti, Villacidrese 5 punti, Sangiovannese 4 punti e Catanzaro 1 punto.

Ritengo che la logica seguita sia stata quella di voler inviare un serio monito a tutte le società in vista della prossima stagione sportiva per la quale tutti ci auguriamo che non si debba assistere all’ecatombe di società che per vari problemi non sono state ammesse ai campionati di Terza Serie. Mi auguro che tutti i dirigenti sportivi abbiano iniziato ad amministrare i sodalizi sportivi con mentalità aziendale poiché la drammaticità della situazione attuale è conseguenza delle scelte di coloro che hanno governato le società di calcio.

Non accetto che si possa addossare ogni responsabilità alla “crisi economica” che, a parere mio, è argomento che non vale a giustificare alcuni casi di mala gestio. Chi parla di crisi dovrebbe argomentare perché vi sono società come Albinoleffe, Atalanta, Monza, Portogruaro e Cittadella che non sono state sfiorate in alcun modo dal rischio di tracollo economico. Eppure la crisi è esistita, ed esiste, anche per queste ultime.

La spiegazione è semplice e risiede nel fatto che nei casi citati vi sono stati dirigenti lungimiranti e preparati che, nelle difficoltà del mercato, hanno posto in esser strategie aziendali per reagire al momento difficile ponendo attenzione alla gestione societaria finalizzata a patrimonializzare l'ente sportivo. Ed, infatti, è curioso come nel calcio non siano richieste particolari qualifiche per ricoprire i ruoli di Amministratore Delegato o Direttore Generale quando, invece, in altri settori dell'economia e dell'industria, certi incarichi vengono affidati solo a soggetti qualificati e di comprovata competenza in campo societario.

Le conseguenze? Le società di calcio falliscono ( e continueranno a fallire purtroppo) o non si iscrivono ai campionati ed, al primo “soffio di vento”, cadono come castelli di sabbia mentre le altre realtà aziendali, seppur con difficoltà, reagiscono alla crisi che, comunque, nel mondo del pallone è divenuta la scusa di tutti per ogni insuccesso. Ritengo che la preparazione in management sportivo, in materie giuridico-economiche o la conoscenza del regime fiscale delle società e della relativa legislazione sia un obbligo per chi assume poteri direttivi all'interno dei sodalizi professionistici poiché, questo patrimonio di conoscenze, vale molto più di chi ricopre un ruolo solo a fronte di una sponsorizzazione ( succede anche questo!) in certi casi nemmeno sostanziosa.

Credo che sia giunto il momento di dare “un giro di vite” al sistema della Terza Serie per iniziare a migliorare il calcio Italiano dalla base del Professionismo poiché, chi amministra le società, a mio parere, dovrebbe avere il “know-how” giuridico- sportivo per esercitare tale attività poiché, chi sceglie le strategie societarie, assume delle responsabilità non solo calcistiche ma anche civili e penali.

Le leggi sono cambiate e in pochi lo sanno: ad es. le recenti modifiche alla L.231/2001 hanno riflessi non di poco conto anche sulla materia sportiva, molti hanno grandi responsabilità e nemmeno sono a conoscenza dei rischi che corrono. Per ricoprire i ruoli decisionali bisogna avere una adeguata preparazione in materie giuridico-economiche ed esser professionisti della gestione aziendale: serve un cambiamento urgente!

L'errore, a mio parere, è continua la commistione tra gli incarichi tecnico-sportivi e aziendali che devono necessariamente esser ricoperti da soggetti con professionalità differenti poiché diverse sono le competenze richieste. Solo Lega Professionisti e Figc possono intervenire in tal senso e dettare le linee guida di una riforma strutturale del sistema poiché, per svolgere ogni professione al giorno d'oggi, è necessario ottenere una abilitazione ( avvocati, farmacisti, commercialisti, notai, medici, veterinari, dirigenti di azienda, managers di società) tranne che nel calcio ove ( in alcuni casi...??) è sufficiente avere alle spalle uno sponsor. Le conseguenze di queste scelte superficiali, però, sono drammatiche: prima o poi, i soldi (dello sponsor) finiscono se non amministrati soggetti in grado di orientare la strategia aziendale alla produzione di utili più a rincorrere sogni di mercato che, il primo luglio di ogni anno, si trasformano in incubi. "



Quest'articolo dell'avvocato di Bergamo (letto su Tuttonapoli.net) mette il dito in una piaga abbastanza infetta del nostro calcio, l'approssimazione e la impreparazione di tanti dirigenti di calcio soprattutto in Legapro.
E' vero che spesso i risultati sportivi sono frutto di programmazione prima di tutto economica, di una strategia aziendale e di un equilibrio nei conti. Non basta avere l'occhio clinico per prendere buoni giocatori- le cosiddette stelle in erba sconosciute- per avere la meglio nei vari campionati, anche perche' il calcio come il mondo e' cambiato, e le figure dei talent-scouts miracolosi come dei presidenti mecenati sono destinate al tramonto.
Tutte le societa' moderne hanno a disposizione innumerevoli strumenti per monitare calciatori e le spese dettate da motivi propagandistici e senza guardare al bilancio sono un lusso che il calcio non puo' permettersi -come i recenti tracolli dimostrano.
Pero' c'e' un'altra osservazione che si deve fare, perche' altrimenti sarebbe un'analisi incompleta e tendenziosa.
La maggior parte dei clubs penalizzati sono societa' meridionali.
Quindi ci sono solo due spiegazioni possibili:
o al sud non ci sono dirigenti e imprenditori capaci, o ci sono ragioni economiche piu' determinanti.
Ovviamente per l'avvocato di Bergamo la prima sara' sufficiente, per me altrettanto chiaramente no.
Quando i profitti mediamente in determinate regioni sono inferiori ad altre, in termini di incassi, sponsors e diritti di immagine, e' chiaro che si crea uno squilibrio nei bilanci per rimanere competitivi a livello nazionale, sia nelle serie superiori che in quelle inferiori.
Gia' la maggiore capacita' finanziaria degli imprenditori del nord (in termini di possibilita' di investimento) mettono in condizioni d'inferiorita' le societa' del sud, e questa e' una considerazione banale alla luce del fatto che da quando esiste il calcio nazionale, l'unica societa' meridionale che ha vinto due scudetti e' il Napoli.
Cosi' come la percentuale delle squadre meridionali nelle categorie superiori sono state sempre fortemente minoritarie.
Per cui per me si dovrebbe tenere conto anche del gap finanziario che incide sulle societa' meridionali, e avere una maggiore clemenza per non aggravare ulteriormente delle condizioni di inferiorita' con penalizzazioni pesanti sempre per la stessa parte geografica,tenendo soprattutto conto che si tratta di uno sport.
Specialmente in considerazione del fatto che in passato alcune societa'(soprattutto del nord) sono state graziate e altre mandate al macero.
Voglio dire, che sarebbe lecito attendersi delle decisioni, pur legittimamente comprensibili, pero' ammortizzate da meccanismi meno penalizzanti e con opzioni che consentano di recuperare in condizioni di svantaggio obbiettivamente presenti nel paese.
Nun facimmo sempe 'e curnute e mazziate.

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